Di recente si è acceso un piccolo faro su Dave Van Ronk. Il film dei fratelli Coen, A proposito di Davis (titolo oringinale: Inside Llewyn Davis), ha indirettamente portato l’attenzione del pubblico mondiale su di lui. La pellicola, infatti, è ispirata all’autobiografia del cantante e chitarrista americano. In questo articolo lo ascoltiamo, leggiamo la sua storia e vediamo dove trovare i suoi album la sua biografia e gli spartiti con le tablature delle sue canzoni.
In effetti, di miracolo il film ne ha fatto anche un altro: ha reso possibile la pubblicazione della traduzione italiana del volume, uscita per la BUR con una fascetta intorno che dice: il libro da cui è tratto il nuovo film di Joel e Ethan Coen.
Il titolo originale dell’autobiografia è The mayor of MacDougal Street, cioè Il sindaco di MacDougal Street, soprannome dato a Van Ronk da un barista. Invece in italiano il libro si chiama Manhattan folk story. Cioè, hanno sostituito il titolo inglese con un altro sempre in inglese ma che non c’entra niente. Vabbè, ingoiamo il rospo e poi a caval donato non si guarda in bocca.
Comunque, per tutti quelli che hanno visto il film, vale la pena precisare che non parla di Dave Van Ronk, ma è solo ispirato ad alcuni degli episodi raccontati nel libro (spesso molto modificati). È ambientato nell’inverno del 1961, subito prima dell’esplosione della scena folk: di lì a pochissimo il Greenwich Village sarebbe diventato un circo permanente, con locali aperti tutta la notte, concerti ovunque, turisti, giornalisti, curiosi, alcol a fiumi e un sacco di marjauna. A quell’epoca, a differenza del personaggio del film, Van Ronk si era già sistemato, viveva con sua moglie in un appartamento. Aspettavano la fine dell’inverno, presagendo il cambiamento che avrebbe investito le loro vite.
Dave Van Ronk crebbe da piccolo monello, senza mai conoscere il padre. Frequentò una scuola di suore, tra le quali si fece la nomea di aspirante barbone il giorno in cui disse in classe che da grande voleva fare il «lavoratore stagionale». La scuola gli fece venire voglia, se non di viaggiare da clandestino sui treni merci come Woodie Guthrie, almeno di diventare un musicista. «O qualche altro tipo di pittoresco fannullone».
Dapprima divenne un mouldy fig, un fico ammuffito, come erano chiamati i musicisti che si davano al jazz tradizionale. Poi cominciò a frequentare Washington Square Park, dove, negli anni ’50, la domenica pomeriggio si radunavano gruppi di ragazzi per suonare musica folk. Abbandonò il trad jazz anche perché quella scena stava morendo mentre il folk era in ascesa. Van Ronk aveva bisogno di campare di musica. Aveva lavorato un po’ nella marina mercantile, ma perse i documenti per imbarcarsi. Non che morisse dalla voglia di fare il marinaio, ma quella strada ormai era preclusa. L’unico modo che conosceva per alzare soldi, per quanto pochi, era suonare.
Anche per questo fu uno dei pochi musicisti folk che dagli anni ’50 resistette fino ai ’60: non era uno studente mantenuto dai genitori, pronto a mollare appena laureato. Si dedicò in modo esclusivo al fingerpicking, deciso a diventare uno specialista nel blues tradizionale. A quel tempo era una cosa atipica per un bianco.
Si trasferì nella zona del Greenwich Village e vi rimase più o meno per tutta la vita. A forza di dormire sui divani degli altri, tirò avanti finché quel quartiere divenne il centro di una nuova ondata musicale che travolse gli Stati Uniti. Divenne amico dei più grandi bluesmen ancora viventi, attratti a New York dalle folle di giovani spettatori e dai soldi: il Reverendo Gary Davis (che dava regolarmente lezioni di chitarra e aveva tra i suoi allievi gente tipo Stefan Grossman), Mississipi John Hurt, Brownie McGhee, Lonnie Johnson. Ospitò spesso sul suo divano un giovanissimo Bob Dylan. (A proposito di Dylan, nell’autobiografia ci sono vari aneddoti molto succosi.)
Vicino ai movimenti radicali di sinistra, anarchici e trotzkisti, fu spesso in prima fila in cause per i diritti civili. Fra le altre cose nel ’69 rimase coinvolto nei moti si Stonewall, considerati punto di partenza delle lotte per i diritti degli omosessuali, e fu arrestato e incarcerato per un breve periodo.
Nella seconda metà degli anni ’60 iniziò il declino. I soldi li avevano fatti Dylan e pochissimi altri. Qualcuno, come Van Ronk, ci si era mantenuto molto bene, ma quando l’attenzione del pubblico mondiale si spostò altrove, improvvisamente la scena folk tornò ad essere povera e il Greenwich Village si spopolò.
«Che piega stessero prendendo le cose lo capimmo quando Andy Wharol e la sua “bella gente” si presentarono al Gaslight [un celebre locale del Village]. Quel biondino era come un avvoltoio: appena lui spuntava, sapevi che la festa era finita. […] gli affitti si impennarono, i costi schizzarono alle stelle, e quanto puoi farla pagare una tazza di caffè?»
Gli anni ’70 per Dave Van Ronk furono duri. Negli ’80 tornò ad avere attenzione, fece una tournée in Europa e nel 1985 ricevette il Premio Tenco alla carriera. Divenne il mentore di una nuova leva di cantautori radunatasi a MacDougal Street. Morì nel 2002 per un cancro al colon e 2 anni dopo gli hanno dedicato una sezione della Sheridan Square, a New York.
Nel 2005 è uscita postuma l’autobiografia che aveva iniziato a scrivere a quattro mani col chitarrista Elija Wald, suo allievo, il quale ha poi terminato il libro mescolando gli appunti di Van Ronk con interviste varie.
Dave Van Ronk: Inside Dave Van Ronk
L’album pubblicato in CD nel 1989 dalla Fantasy Records col titolo Inside Dave Van Ronk (di cui vedete la copertina qui in alto) è la riedizione di due vecchi LP, registrati a breve distanza l’uno dall’altro.
Nel 1962, Bob Weinstock, della Prestige Records, fece firmare a Van Ronk un contratto per due album. Inciso il primo, telefonò a Dave e gli disse:
«A questo disco voglio dare un titolo che dica la verità e in cui credo: si intitolerà Dave Van Ronk: New York finest» (cioè, Il migliore di New York).
Ma New York finest è il motto della polizia newyorkese. Van Ronk rispose:
«Cristo santo, Bob, mi stai dando dello sbirro!»
«Oh, non ci avevo pensato.»
Optarono per un semplice Dave Van Ronk folksinger. Ed è un album bellissimo. 13 brani di folk blues suonati con un fingerstyle di delicatezza e intensità emotiva ineguagliabili. Non è il genere di disco che ti folgora al primo ascolto, gli devi concedere un po’ di tempo. Ma se gli apri le porte, ti si ritaglia nel cuore uno spazietto e non ne uscirà più.
Sono tutti brani tradizionali, diversi dei quali Dave aveva imparato dal reverendo Gary Davis.
La seconda traccia è Cocaine blues, forse il suo pezzo più famoso.
Un giorno Jackson Browne, uno che vendeva parecchi dischi, disse a Dave:
«Ho appena inciso uno dei tuoi brani.»
Dave vide nel suo futuro palate di diritti d’autore, al posto delle pupille gli spuntò il simbolo del dollaro:
«Hei, ma è fantastico! Quale hai scelto?»
«Cocaine blues!»
«Quella è una canzone di Gary Davis. Adesso levati di torno, e alla svelta, a meno che tu non voglia vedere un uomo adulto in lacrime».
Il disco è pieno di altri brani memorabili, come Hang me, oh hang me (con cui si apre il film dei Coen), Long John, He was a friend of mine. Completano il quadro pezzi più leggeri come You’ve been a good old wagon o Chicken is nice.
La seconda parte del CD è costituita dall’album pubblicato sempre nel ’62 col titolo Inside Dave Van Ronk, piena di vecchie meravigliose canzoni tradizionali, ma meno interessante dal punto di vista degli arrangiamenti: qui Van Ronk lascia il fingerpicking per accompagnarsi con dulcimer, auto-harp e chitarra a 12 corde.
Il CD della Fantasy Records consiste di 25 tracce e dura 78 minuti. Nonostante il packaging sia spartano come tutti i CD usciti alla fine degli anni ’80, contiene un bel testo introduttivo.
L’autobiografia è stata pubblicata dalla BUR nel gennaio 2014, col titolo Manhattan folk story, in una bella edizione rilegata. È un libro gustoso e divertente, molto diverso dall’atmosfera cupa del film dei Coen.
Comunque, non avete visto il film, vedetelo perché è davvero bello, non fatevi fuorviare da quello che ho scritto. Il cinema dei fratelli Coen, si sa, getta una luce ossessivamente pessimista sul mondo. E forse è per questo che il sottoscritto lo adora.
Dave Van Ronk: materiale vario
Se cerchi l’album Inside Dave Van Ronk lo trovi qui.
Se non hai visto il film e vuoi acquistarlo, qui trovi il DVD di A proposito di Davis.
Qui trovi la traduzione italiana della biografia: Manhattan folk story.
Un libro di spartiti e tablature per chitarra dei pezzi di Dave Van Ronk: Blues and Ragtime Fingerstyle Guitar.
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