I dischi di Franco Battiato mi hanno accompagnato per tuta la vita, fin da quando ero bambino e mia madre mi faceva ballare con gli LP in vinile in salotto.
Sì perché mia madre aveva la collezione dei dischi di Franco Battiato degli anni ’80 (mancavano un paio di titoli, ma li ho recuperati dagli amici durante l’adolescenza e ho mandato a memoria anche quelli).
L’ho visto due volte in concerto a Roma.
C’era gente di tutti i tipi ai suoi spettacoli, dal ragazzo con la cresta punk all’intellettuale cinquantenne.
Quando nel 1979 abbandonò la musica di avanguardia con la quale si era fatto notare negli ambienti intellettuali e della sinistra extraparlamentare, Franco Battiato raccolse una sfida: produrre canzoni pop, orecchiabili, leggere ma diverse da tutto quello che c’era in circolazione.
Voleva fare canzoni contaminate da molti generi musicali ricche di riferimenti che arrivassero da ogni dove, dalle radio commerciali come dagli antichi filosofi arabi.
Avrebbe poi usato la citazione in modi del tutto nuovi (che hanno anticipato la pratica del campionamento delle sottoculture urbane americane).
Avrebbe usato immagini suggestive, ambientazioni storiche o esotiche a volte creando l’illusione di chissà quali vicende che in realtà non esistevano.
Dalla Prospettiva Nevski dove per caso avrebbe incontrato Igor Stravinsky, alle gesta erotiche di Squaw Pelle di Luna, passando per i mercanti indiani che mettono su case tra Russia e Cina.
E i volontari laici
Scendevano in pigiama per le scale
Per aiutare i prigionieri
Facevano le bende con lenzuola
(Radio Varsavia)
E che dire dei viaggi spaziali?
Noi
Provinciali dell’Orsa Minore
Alla conquista degli spazi interstellari
E vestiti di grigio chiaro
Per non disperdersi.
(Via Lattea)
Nella sua lunghissima carriera ci avrebbe trascinati in luoghi fantastici abbattendo i confini dello spazio e del tempo.
Seguimmo per istinto
Le scie delle comete
Come avanguardie
Di un altro sistema solare
(No Time no Space)
Tutta la sua opera è un monumento alla creatività e un invito all’uso dell’immaginazione come strumento di crescita dell’essere umano
L’evoluzione sociale non serve al popolo
Se non è preceduta da un’evoluzione di pensiero
[…]
Libera la tua immaginazione temporale
E mandala al potere nel tuo organo sessuale
(New Frontiers)
Nel 1979, con l’aiuto di ottimi musicisti, come il chitarrista Alberto Radius e soprattutto Giusto Pio, che era il suo maestro di violino e che lo aiutò negli arrangiamenti, Franco Battiato produsse il suo primo vero capolavoro (ne sarebbero arrivati molti altri), L’Era del Cinghiale Bianco.
Che però vendette poco.
Mandiamoli in pensione i direttori artistici
Non fu forse un caso, dunque, se decise di aprire il disco successivo, Patriots, con una feroce invettiva contro l’establishment musicale, propugnando una rivoluzione che salvi l’arte:
L’Impero della musica è giunto fino a noi
carico di menzogne
mandiamoli in pensione i direttori artistici
gli addetti alla cultura…
e non è colpa mia se esistono spettacoli
con fumi e raggi laser
se le pedane sono piene
di scemi che si muovono.
Up patriots to arms, Engagez-Vous
la musica contemporanea, mi butta giù.
(Up Patriots to Arms)
Però la cosa più divertente di questa canzone è forse l’ironia con cui definisce i musicisti (quindi anche a se stesso) come una luce nelle tenebre e, al tempo stesso, delle prostitute (il riferimento è alla canzone di Achille Togliani, Lucciole Vagabonde):
Noi siamo delle lucciole che stanno nelle tenebre
Possiamo dire che aveva ragione a muoversi in direzione opposta alle mode delle classifiche: perché il suo pop contaminato da musica classica e suggestioni mediorientali, condito di frasi bizzarre e citazioni bislacche, avrebbe trovato un successo clamoroso nel suo terzo album di canzoni, il primo album italiano a superare il milione di copie vendute.
Lo strafamoso La Voce del Padrone.
D’altra parte la sua critica spietata al mondo della musica la canticchiamo tutti, quando alla fine della celeberrima Bandiera Bianca gli andiamo dietro dicendo (con molto trasporto, per quanto mi riguarda):
E sommersi soprattutto da immondizie musicali!
Dice di volersi arrendere, a questi mali del mondo, sventolando una bandiera bianca, ma è chiaro che non è vero.
E questa è una delle cose incredibili di quelle canzoni: ogni verso è una provocazione, ti costringe a dire: che cavolo sta dicendo sto tizio? Ma fa sul serio o mi sta prendendo per il culo?
Una risposta definitiva non c’è, perché a volte fa sul serio, a volte ti prende per il culo.
Per anni, da ragazzo (non esisteva il dio onnisciente Google) mi sono chiesto che cavolo fosse il free jazz punk inglese. E non sono il solo: se digiti i termini free jazz su Google, tra i primi risultati suggeriti c’è proprio la frase di Franco Battiato.
Segno che ancora oggi valanghe di persone cercano di scoprire cosa sia.
E anche se oggi è facile scoprire che il free jazz punk inglese non è mai esistito, Franco Battiato è riuscito in una gigantesca beffa che dura da decenni.
Una beffa come gesto artistico.
D’altra parte sempre in Centro di Gravità Permanente, diceva di non sopportare i cori russi, eppure nella stessa canzone (e anche in Cuccurucucù), faceva cantare i Madrigalisti di Milano che sembravano proprio un coro russo.
E come poteva dire di non sopportare la new wave italiana, mi chiedevo da ragazzo?
Insomma, la sua musica sembrava proprio new wave ed era italiana!
Almeno posso dire che al fatto che odiasse la musica nera africana ho smesso di crederci abbastanza presto.
A volte è meravigliosamente autoironico, come quando tra i mali del mondo elenca pure quelli che si mettono gli occhiali da sole per avere più carisma e sintomatico mistero: che era esattamente quello che faceva lui nella copertina del disco e in molte apparizioni televisive.
Non scherzava affatto, invece, quando si trattava di un tema a lui molto caro: la spiritualità.
Gli Incensi di Dior
Gran parte, se non tutta la musica di Franco Battiato può essere interpretata come una forma di meditazione in musica. Dai dischi di avanguardia degli anni ’70 fino alle canzoni pop.
Non credo di sbagliare dicendo che le sue principali fonti di ispirazione spirituale siano state il sufismo (una corrente mistica dell’islam), l’induismo e il buddismo (ci sono vari riferimenti alla reincarnazione nelle sue canzoni) ma anche il cristianesimo.
Alcuni brani parlano del rapporto con Dio.
Di queste cose è intriso l’album Fisiognomica, per esempio, da cui il celebre singolo E ti vengo a cercare, in cui il cantante si rivolge a Dio.
Molte sue canzoni sono veri e propri inviti a praticare la meditazione:
Cosa avrei visto del mondo
Senza questa luce che illumina
I miei pensieri neri
(Oceano di Silenzio)
Pur essendo ateo, per un breve periodo della mia vita mi sono interessato un po’ di misticismo. E da lì a guardare con occhi nuovi certe cose di Battiato e quindi arrivare a Gurdjieff il passo era breve.
Sì perché Battiato aveva trovato una via nel sistema elaborato dal mistico armeno, che traeva molta ispirazione dal sufismo.
Comprai dei libri.
Trovai interessante Incontri con Uomini Straordinari e (all’epoca non esisteva mica Amazon) riuscii a procurarmi una copia dei Racconti di Belzebù a suo Nipote, che però non ho mai finito di leggere (è un libro gigantesco).
Non tutti sanno che La Voce del Padrone è un concetto Gurdjieffiano: l’essere umano sarebbe come una carrozza, dove il cocchiere è la mente, il carro sarebbe il corpo e il cavallo sarebbero le emozioni. Il cocchiere deve tenere a freno il cavallo con la sua voce per mantenere tutto in assetto.
Insomma, più o meno è così, non sono un esperto.
E anche la cosa del centro di gravità permanente viene da Gurdjieff.
Se le dottrine del mistico armeno hanno ancora oggi seguito in Italia, è sicuramente grazie a Franco Battiato.
Ma Battiato era uomo molto colto e su mistici e misticismo deve aver letto tantissimo. E quindi inevitabilmente se la prendeva con la religiosità posticcia, quella di facciata coltivata dai benpensanti che frequentano le chiese quando proprio si deve fare:
Ho fatto scalo a Grado
La domenica di Pasqua
Gente per le strade
Correva andando a messa
L’aria carica d’incenso
Alle pareti le stazioni del calvario
Gente fintamente assorta
Che aspettava la redenzione dei peccati
[…]
Ci si illumina d’immenso
Mostrando un poco la lingua
Al prete che dà l’ostia
Ci si sente in paradiso
Cantando dei salmi un poco stonati.
(Scalo a Grado)
Contro la religiosità trasformata in oggetto consumista poi, lanciava commenti sprezzanti:
I Mantra e gli Hare Hare a mille lire
L’esoterismo di René Guénon
Una signora vende corpi astrali
I Budda vanno sopra i comodini
Eterna è tutta l’arte dei musei
Carine le piramidi d’Egitto
Un po’ naiv i lama tibetani
Lucidi e geniali i giornalisti
Supermercati coi reparti sacri
Che vendono gli incensi di Dior
(Magic Shop)
Aspetta: ha detto René Guenon?
Ah già, quello che sbeffeggiava nella bellissima Il Re del Mondo.
Il Re del Mondo è il titolo di un libricino di René Guenon in cui il famoso esoterista francese descriveva un mito (di origine incerta) secondo il quale un essere divino (il Re del Mondo, appunto) governerebbe le sorti di tutti gli uomini dalla città segreta di Agarthi, secondo il volere di Dio.
Sempre più o meno, non fatemi fare l’esperto di questa roba.
Nella versione di Franco Battiato, però, il Re del Mondo non sembra proprio un essere divino e luminoso, ma un’entità inquietante che pesa sul destino degli esseri umani.
Insomma, tra le righe e con il suo tipico uso delle immagini evocative, Battiato sembra dirci che quella di Guenon è una visione opprimente di cui liberarci.
E allora forse ci invita a vedere il misticismo come una via per la liberazione, antitetica a quella di certi esoteristi «pataccari» (definizione non mia), d’altra parte da sempre amati dall’estrema destra.
Quanti perfetti e inutili buffoni
Negli anni ’60 Franco Battiato aveva fatto anche canzoni di protesta.
L’impegno civile è sempre stato una delle componenti della sua poetica, anche se minoritaria.
Uno dice che male c’è
A organizzare feste private
Con delle belle ragazze
Per allietare primari e servitori dello stato?
Non ci siamo capiti
E perché mai dovremmo pagare
Anche gli extra a dei rincoglioniti?
(Inneres Auge)
Memorabile in Lettera al Governatore della Libia la sua definizione del sanguinario gerarca fascista Rodolfo Graziani (al quale in Italia c’è chi ancora oggi erige monumenti): «quell’idiota».
Ma l’esempio più potente è probabilmente la canzone di apertura di Come un Cammello in una grondaia, disco molto più vicino alla musica colta che alla produzione pop degli anni precedenti.
Sì perché c’è una cosa che non abbiamo detto: Franco Battiato era un grande musicista.
Analizzando gli accordi di molte sue canzoni si trovano soluzioni ingegnose che denotano una padronanza dell’Armonia davvero invidiabile.
Ma torniamo a noi.
La canzone che dicevo è la commovente Povera Patria, in cui una musica delicatissima e carica di un calore umano mai sentito nelle classica canzone di protesta, accompagna un testo gonfio di dolore rabbioso.
Il risultato è assolutamente struggente:
Povera patria
Schiacciata dagli abusi del potere
Di gente infame, che non sa cos’è il pudore
Si credono potenti e gli va bene quello che fanno
E tutto gli appartiene
Tra i governanti
Quanti perfetti e inutili buffoni
Questo paese è devastato dal dolore
Ma non vi danno un po’ di dispiacere
Quei corpi in terra senza più calore?
Come avrebbe potuto uno così resistere in politica?
Ci si avventurò, accettando l’incarico di assessore allo Spettacolo della Regione Sicilia, in una giunta di centro sinistra (rinunciando al compenso).
Solo che, schifato dalla compravendita di votazioni di cui disse di essere stato testimone, definì i parlamentari come delle troie che avrebbero fatto meglio ad aprire un casino.
Ok, forse esagerò, non c’era motivo di insultare le prostitute paragonandole ai politici corrotti. Ma si capiva che era un’esplosione di rabbia.
Ovviamente tutta la politica insorse, fingendo di non capire, lo bollò come misogino e lo cacciò.
I castagni in fiore
Ma l’aspetto per me forse più suggestivo della produzione di Battiato è quella speciale malinconia del ricordo, che forse potremmo chiamare col termine portoghese saudade, di cui sono impregnate tante sue canzoni.
A volte sono solo suggestioni, sono profumi indescrivibili nell’aria della sera, altre volte sono quadretti molto realistici e probabilmente legati a veri ricordi dell’infanzia dell’autore.
Di queste cose è pieno, per esempio, l’album Orizzonti Perduti, che contiene la famosa La Stagione dell’Amore.
E le crociere sul Tirreno
Le gite lungo i fiumi
Con i castagni in fiore
Le rondini in primavera
(Campane Tibetane)
Sarà anche che la musica è bellissima, ma in quei posti ti sembra di esserci stato, la saudade si impossessa di te, i ricordi della tua infanzia si mescolano ai versi delle canzoni e ti stringono il cuore.
In qualche modo sento di aver vissuto anche io quella Summer on a Solitary Beach, ho perfettamente chiara l’eco del cinema all’aperto, il grido che di tanto in tanto copriva le distanze e perfino il minatore bruno che tornava.
Dopo pranzo si andava a riposare
Cullati dalle zanzariere e dai rumori di cucina;
Dalle finestre un po’ socchiuse spiragli contro il soffitto,
E qualche cosa di astratto si impossessava di me.
Sentivo parlare piano per non disturbare,
Ed era come un mal d’Africa, mal d’Africa.
(Mal d’Africa)
Una Saudade collettiva
Sono sicuro che queste cose le condividono tantissime persone in Italia.
Gente che come me conosce a memoria i versi di decine di canzoni di Franco Battiato. Che è stata come me sulle navi spaziali di Mondi lontanissimi, ha conosciuto l’uomo di una certa età che ci offriva sempre sigarette turche, che ha visto le biciclette di Shangai o i muri bassi di pietra lavica che arrivano al mare:
Sciara delle Ginestre
Esposte al sole
Passo ancora il mio tempo
A osservare i tramonti
E vederli cambiare
In secondo imbrunire
E il cuore
Quando si fa sera
Muore d’amore
Non ci vuole credere
Che è meglio
Stare soli
(Secondo Imbrunire)
La scomparsa di Franco Battiato è qualcosa che ci lascia in cuore una malinconia di cose che non torneranno più.
Eppure quelle cose sono lì, come un gigantesco monumento collettivo.
Caro Franco, questa è solo una piccolissima parte di cosa resterà di questo tuo transito terrestre.
Come musicista, ma soprattutto come essere umano ti sarò sempre debitore.
Grazie, grazie di tutto.
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Elisabetta says
Grazie x questo articolo Luca
Ci fai spaziare con grande competenza fra i testi delle canzoni del Maestro cogliendone il valore e il peso che lui ha voluto dargli molto meglio di quanto abbiano fatto anche i più noti giornalisti e critici musicali
Molto commovente la tua interpretazione di Summer on a solitary beach che è da sempre una delle mie canzoni preferite
Luca Ricatti says
Grazie mille!❤️
Gianni says
Bello, il commento più bello tra tutti quelli che hanno riempito la giornata. Io ho ascoltato Battiato e sempre mi sono emozionato, ma il mio ascolto è sempre stato superficiale, nel senso che non mi sono mai soffermato a capire. Il tuo articolo mi ha illuminato e, superando il fascino di emozioni spontane, mi ha spinto su una comprensione più ampia della sua infinita grandezza.
Complimenti per la tua analisi e per la tua entusiastica capacità di raccontare. E bellissima anche la tua interpretazione di summer on a solitary beach.
Luca Ricatti says
Grazie davvero❤️
Katalin Szabo says
Grazie Luca, un perfetto scorcio di una vita all’insegna di musica, poesia e magia. Hai reso perfettamente l’idea di questo Artista che ha contrassegnato anche la mia gioventù in Italia, dove mi ricordo stavo alle mie prime prese con questa meravigliosa lingua, ascoltando L’era del cinghiale bianco, mi sono svanite tutte le mie certezze, ma sempre rapita dai scenari psichedelici, e melodie intense da canticchiare.
Viaggi musicali e sogni colorati che ti accompagnavano ovunque, brani che ti penetravano nel cervello, e nel cuore. Mi sento fortunata di aver vissuto in quest’Italia che ci ha regalato Persone come Franco Battiato, De André.
Complimenti per la tua profonda rassegna di un vero intenditore.
Grazie ancora
Katalin
Luca Ricatti says
Grazie a te per questa bella testimonianza, Katalin!
Amelio Gioventù says
Bellissimo articolo, ho le lacrime agli occhi. Grazie Franco e grazie anche a te Luca.
Luca Ricatti says
Grazie a te!
Luciano says
Grazie, bellissimo articolo ma … c’è un ma…
sono tantissime le canzoni di Franco che amo, ci sono album interi, e le trovo quasi tutte in questo articolo ma ho sperato tanto che ne “I castagni in fiore” tu facessi menzione di una sopratutto a cui sono molto affezzionato: “Stranizza d’amuri” con quei ricordi di altri tempi;
i carritteri che ” lassaunu i loru bisogni e i muscuni ciabbulaunu supra ”
e con ” ‘a litturina da ciccum-etnea” ma in fondo alla fine
ccu tuttu ca fora c’è ‘a guerra
mi sentu stranizza d’amuri
Luca Ricatti says
Ciao Luciano,
«Stranizza d’Amuri» è in assoluto una delle mie canzoni preferite di Battiato, di una bellezza letteralmente commovente.
Ricordo che da ragazzino mi strizzavo gli occhi per leggerne il testo scritto sulla copertina del Vinile, ancora più faticoso per me perché dovevo anche interpretare il siciliano.
Ma mi piaceva talmente tanto che l’avevo imparata a memoria lo stesso!
Non l’ho citata semplicemente perché l’avevo già trovata in altri articoli letti online il giorno stesso e allora mi piaceva dare risalto ad altre canzoni meno note.
D’altra parte non ho citato Tozeur, Voglio vederti danzare, Sentimento Nuevo e tantissime altre.
Sono troppe.
Però grazie per averla menzionata anche qui, hai ragione andava messa.
aldus says
Grazie Luca per questo bellissimo ricordo del Maestro
Luca Ricatti says
Grazie a te, Aldus!