Dal 1970 il 22 Aprile si celebra la Giornata della Terra. Nacque direttamente dai movimenti universitari americani, sulla scia della pubblicazione del libro La Primavera Silenziosa, scritto dalla biologa statunitense Rachel Carson. Vabbè, la storia completa ve la leggete su ☞Wikipedia.
Comunque una grossa spinta venne dal grave incidente di Santa Barbara, quando da un pozzo della Union Oil in mezzo al mare avvenne una fuoriuscita di petrolio considerata il terzo più grave incidente ambientale della storia.
Il punto è che, nonostante le mobilitazioni dei movimenti e la crescita della sensibilità verso le tematiche ambientali, in questi oltre 50 anni la situazione non è affatto migliorata, anzi, la temperatura media mondiale è aumentata e continua ad aumentare.
Per chi non ha ancora chiara la gravità delle circostanze, consiglio ☞questo articolo del Post.
Però è non solo questione di gradi centigradi.
Bisogna cambiare prospettiva, cazzo
Ultimamente mi è capitato di fare diverse belle chiacchierate con persone che hanno delle attività online (un paio sono pubbliche: l’intervista che mi ha fatto Graziano Ferro, e la conversazione a tre con Mirko Grotto e Massimo Minelli).
Ho scoperto che molti si stupiscono di una cosa che a me sembra naturale: il fatto che io vada a girare dei video in mezzo alla Natura.
Così mi sono messo a riflettere, sul perché faccio questa cosa: in effetti, chi me lo fa fare di aspettare la giornata di tempo buono, farmi il viaggio per uscire dalla città e stracaricarmi di attrezzatura, per poi registrare una performance in condizioni avventurose, ottenendo come risultato un’esibizione decisamente peggiore di quella che realizzerei in un ambiente addomesticato?
In realtà non lo so perché ho iniziato a farlo, ma forse so perché voglio continuare a farlo: perché la forma è sempre anche contenuto.
Mi sono insomma accorto che questa scelta estetica è in realtà un messaggio (involontario? Inconscio?): se esco dagli ambienti antropizzati (o comunque ci provo) posso cambiare radicalmente la prospettiva dalla quale osservo me stesso nell’ambiente.
Smettere di essere dominatori
Finché faccio Video all’interno di casa o di uno studio, sono il dominatore deli mio ambiente: me lo sono costruito a mia immagine, è il mio regno. Ma quando esco nella Natura selvaggia, non sono il re di un bel niente. Sono una creatura tra le tante.
Il microfono non riprende solo la musica, ma anche il rumore del vento, l’abbaiare di un cane, il grido di un barcaiolo, a volte il trattore di un contadino in lontananza. La musica non è più isolata, ma diventa parte di un paesaggio sonoro. È un elemento inserito in un ecosistema.
Anche se ho una Chitarra in braccio non sono tanto diverso dagli insetti che mi ronzano intorno, dagli uccelli che cinguettano indifferenti in sottofondo e dal cinghiale che forse sta appostato a un centinaio di metri da me e si chiede quando ho intenzione di levarmi dalle palle.
Rivoluzionare il punto di vista è la base per rivoluzionare la visione del mondo.
Però trovare luoghi incontaminati non è mica facile
Di quanto sia radicale tutto intorno a noi l’antropizzazione del territorio ne ho parlato in questo articolo dedicato alla Puglia ☞Pizzica per Chitarra Fingerstyle.
Non è mai semplice trovare un tranquillo angolino di verde per girare un video, perché la dominazione del territorio è ovunque intorno a noi.
Uscire dalle strade asfaltate senza incontrare uno spazio recintato o controllato o invaso è possibile solo nell’immaginazione.
Nella pratica, prima di partire bisogna consultare una mappa alla ricerca di macchie verdi che riportino scritte tipo «Parco Naturale» o «Riserva» o simili.
Altrimenti il rischio è di fare un viaggio per arrivare in un posto sbarrato da un cancello, da un muretto o da un cartello che dice «proprietà privata».
Sono profondamente convinto che il comune denominatore tra i problemi politici, economici e ambientali sia la dominazione.
È un tema vasto e so che per molti sono cose non facili da digerire, perché nella cultura della dominazione ci siamo nati e ne siamo intrisi.
Per ora voglio solo dire che:
Il mondo non è stato fatto per noi!
Non è questione di non buttare le cicche per terra o di portarsi la borraccetta da casa: è questione di capire che gli altri, l’ambiente in cui viviamo, il mondo tutto non stanno lì per noi.
Non abbiamo il diritto di considerare niente e nessuno come al nostro servizio.
«Ambientalismo», per me, significa smettere di pensare che l’essere umano sia il centro del mondo.
Il centro del mondo è il mondo.
Questa grossa roccia sferica su cui abitiamo è il centro di tutto.
Nel mio piccolo, sto provando a mettermi al servizio del cambiamento di prospettiva.
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