Esco di casa per le 5 e mezza, con l’attrezzatura in macchina. Devo arrivare all’Enoteca Letteraria prima delle sette, ma dopo le 6, perché prima non si può entrare con le auto al centro storico di Roma. Arrivo contemporaneamente a un vecchio amico che non vedo da troppo tempo e che ha fatto un lungo viaggio per me, dall’estrema periferia, coi mezzi pubblici.
Sulla soglia ci accoglie Tonino Puccica, titolare dell’Enoteca, un ospite come ce ne sono pochi, una persona con una visione, che ha messo su da solo un luogo di aggregazione e di diffusione della cultura, nel cuore della Roma storica, accessibile a tutti.
La serata è stata organizzata dall’IPLAC (Insieme Per La Cultura), in particolare da Maria Rizzi, anima dell’ala romana del circolo, spigliata, carismatica e preparatissima. Stasera si presenta il romanzo di Adriana Assini, La Riva verde (edito da Scrittura & Scritture di Napoli). Adriana, che è un’amica, mi ha proposto di partecipare all’evento per incorniciarlo con le mie canzoni.
A mezz’ora dall’inizio il locale è già pieno.
È sempre difficile spiegare cosa significhi per un musicista trovarsi di fronte un pubblico attento, ricettivo, gente che ha voglia di ascoltarti nonostante non ti abbia mai visto né sentito nominare. Anche se ti metti a chiacchierare per tre o quattro minuti tra una canzone e l’altra per spiegare perché e percome l’hai scritta. È una cosa che ti fa tornare fiducia nei confronti di questa strana gente che siamo noi italiani.
Il romanzo di Adriana offre spunti per voli pindarici che attraversano i secoli e le nazioni. Le mie canzoncine non raggiungono quel livello di profondità ma i temi in comune sono diversi.
Insomma, si finisce a parlare di argomenti interessantissimi: di come l’uso dei colori nell’abbigliamento si stato condizionato nella Storia dai precetti religiosi, delle ricerche di Adriana sui “vangeli” della vera Compagnia della Conocchia, del ruolo della donna, dello scandalo della ribellione. A un certo punto vola pure la parola Anarchia…
Il romanzo di Adriana (ne ho accennato qui) merita di essere letto, almeno da tutti quelli che vogliono ragionare sulla storia dei rapporti di potere, non solo tra uomini donne, e su come l’autorità abbia condizionato il nostro modo di pensare per secoli col preciso scopo di controllarci. Al punto che, nelle Fiandre del 1300, una ragazza figlia di un tintore del blu non poteva amare il figlio di un tintore del rosso e del giallo. Al punto che la mescolanza tra il blu e il giallo era vietata, perché il verde brillante che ne sarebbe derivato sarebbe stato un oltraggio a Dio. Al punto che una vecchia venditrice di saponi doveva dire agli inquisitori che la sospettavano di stregoneria che pensare è un privilegio riservato agli uomini.
In tutto questo intervengo io con le mie canzoni. E parliamo di come un classico della tradizione folclorica italiana quale Donna lombarda riveli in fondo una storia di fallita ribellione alla tirannia patriarcale. Mi piacerebbe parlare del fatto che il serpente della canzone rimanda all’immagine di Eva, di come il serpente sia stato demonizzato perché rappresenta le forze terrestri legate alla sfera femminile; ma non c’è il tempo.
D’altra parte mi sono già intrattenuto in chiacchiere prima di suonare il Ballo del matto, per raccontare il caso Mastrogiovanni, testimonianza che la repressione dello scandalo della libertà di pensiero è ancora una realtà, a distanza di sette secoli.
Finite le chiacchiere e la musica, aperitivo a buffet offerto da Tonino, che nel frattempo allestisce la sala per quelli di noi (e siamo in tanti) che hanno deciso di fermarsi a cena.
Me ne vado contento, ho suonato davanti a un pubblico numeroso, attento e preparato, ho rivisto vecchi amici e conosciuto persone interessanti. Di concerti così ne farei tutte le sere.
Elisabetta Coppini says
Forza, vai avanti, perché sei bravo e meriti il successo: speriamo che la strada non sia sempre “ANGUSTA”!
Luca Ricatti says
Grazie!
Beh, stanno arrivando riscontri e incontri.
Ma se la via non è “angusta” poi che gusto c’è?