Martin Carthy è uno degli esponenti della prima ora dell’ondata del folk inglese e della chitarra fingerpicking dei primi anni ’60. In questo articolo lo ascoltiamo, leggiamo la sua storia e vediamo dove reperire album, spartiti e tablature.
Nel Regno Unito il folk revival visse una fase di passaggio, nei primi anni ’60, in cui ai vecchi musicisti tradizionali si affiancò una leva di giovani entusiasti della chitarra. Ne abbiamo parlato anche in altri articoli (a proposito di Davy Graham, John Renbourn, Bert Jansch, Wizz Jones): ragazzi cresciuti ascoltando dischi blues e che reinterpretarono la propria tradizione folclorica con un’attitudine esterofila, americaneggiante. Nella prima linea di questa nuova ondata di musicisti c’era Martin Carthy.
Suo padre, di origini irlandesi, suonava il violino e la chitarra, ma Martin non prese in mano la sei corde paterna fino all’adolescenza, quando rimase folgorato da Rock Island line suonata da Lonnie Donegan. Poi scoprì il blues di Big Billy Broonzie e Elizabeth Cotten. Intanto aveva iniziato il suo apprendistato da cantante facendo il corista in chiesa.
Elaborò il suo fingerstyle usando accordature inconsuete, per accompagnare la sua voce profonda e potente. In breve si ritagliò uno spazio nella nuova scena folk e divenne ospite fisso del Trobadour Folk Club di Londra.
Dapprima entrò a far parte di una formazione chiamata The 3 City 4. Poi nel 1965 incise il suo album di debutto, di cui vedete la copertina qui sopra. Un album per voce e chitarra, con qualche sprazzo di violino suonato da Dave Swarbrick (collaboreranno ancora e spesso, negli anni successivi).
Martin Carthy: omonimo (1965)
L’album si apre con una canzone antica e meravigliosa, High Germany, che risale probabilmente al ‘700, all’epoca della Guerra dei sette anni, quando molti inglesi andarono a morire in Prussia.
Ancora più antico è il brano successivo, The Trees they do grow high, malinconico racconto di un matrimonio combinato in cui una giovane donna è costretta dal padre a sposare un ragazzino: lei si innamora, ma quando finalmente lui ha raggiunto l’età per sposarsi, il matrimonio dura poco, perché il ragazzo muore.
The two magicians narra della battaglia tra un apprendista stregone e il suo maestro fatta a suon di trasformazioni. Lo stesso Martin Carthy ci spiega che canzoni molto simili sono diffuse nell’Europa del sud, particolarmente in Francia.
Nell’album ci sono anche alcuni brani cantati senza accompagnamento: The barley and a rye, breve scambio di battute tra un vecchio agricoltore e la giovane e smaliziata moglie, scoperta con l’amante tra l’orzo e l’avena; o The handsome cabin boy, storia di una fanciulla che si traveste da marinaio per attraversare il mare.
Questo fatto di cantare senza accompagnamento non deve sembrare strano. All’epoca i vecchi cantanti tradizionali usavano esibirsi spesso in questo modo.
Di canzoni belle e antiche è pieno l’album. Belle le melodie, le storie, la voce di Martin Carthy, gli arrangiamenti di chitarra. Che passano quasi inosservati, ma sono pieni di trovate eleganti e ingegnose. Carthy non non fa sfoggio di virtuosismi ma è raffinato, colto, solido.
Una menzione particolare merita di sicuro la traccia numero 8, Scarborough fair, canzone dalla storia complessa e dalle origini nebulose, secondo alcuni intrisa di simbolismi.
«Stai andando a Scarborough Fair? Prezzemolo, Salvia, Rosmarino e Timo. Ricorda me a colei che amo, che ero il suo vero amore. Dille di farmi una camicia di batista – Prezzemolo, Salvia, Rosmarino e Timo – senza cuciture e ricami e lei sarà di nuovo il mio vero amore.»
Seguono altre prove assurde che l’amata dovrebbe sostenere, ma il punto è che dietro questa lunga narrazione e l’elenco di erbe officinali starebbero simbologie, riferimenti alla magia e alle credenze popolari. La canzone trae origine dalla leggenda di un elfo che tormentava una fanciulla, la quale lo teneva a bada chiedendogli infinite prove impossibili.
Il brano, però, merita menzione anche anche per un altro, meno artistico motivo.
Una volta, ad un concerto di Martin Carthy era presente Paul Simon, che rimase colpito dall’arrangiamento di Scarborough fair. Dopo l’esibizione i due musicisti parlarono del pezzo e Martin Carthy lasciò a Paul Simon una copia cartacea del suo arrangiamento.
Poco tempo dopo, la canzone apparve nel terzo album di Simon & Garfunkel che, ricordiamo, si intitola Parsley, Sage, Rosemary & Thyme, cioè Prezzemolo, Salvia, Rosmarino e Timo.
La cosa che infastidì Carthy è che nei crediti dell’album risultavano Simon & Garfunkel come autori della canzone. Quando si reinterpreta un brano tradizionale, è buona norma scrivere, al posto del nome dell’autore: Tradizionale, Traditional, Trad. o simili. Si erano “dimenticati” di segnalare che Scarborough fair l’aveva scritta qualcun altro, qualche centinaio di anni prima. Una dimenticanza che deve aver fruttato soldi di diritti d’autore.
Martin Carthy (non ha titolo e viene indicato così) uscì nel 1965 per la Polygram e poi fu riedito nel 1973 dalla Topic Records, che nel 1993 ha curato anche la versione in CD. Ques’ultima è un po’ spartana, con un libretto di sole 4 pagine, ma contiene i testi presenti nell’edizione originale: le note di Martin Carthy, in cui descrive i brani e spiega dove li ha scovati, e l’introduzione di Ian Campbell.
Martin Carthy: materiale vario
L’album omonimo del 1965 lo trovi qui.
Esiste un video corso con le lezioni per imparare i suoi brani, dal titolo Martin Carthy: Britsh fingerstyle guitar, edito dalla Stefan Grossman Guitar Workshop: eccolo qui.
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