4 Canzoni è una playlist alternativa ad aggiornamento mensile: fuori dai circuiti commerciali, senza regole, senza confini, per esploratori.
Ogni mese aggiungo 4 canzoni nuove.
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Elenco delle Tracce
Aggiornamento N° 08 – Quando gli Italiani Erano Grandi (Febbraio ’23)
Premiata Forneria Marconi, «Impressioni di Settembre»: probabilmente il più celebre brano del prog rock italiano di sempre, con testo scritto a quattro mani da Mauro Pagani e Mogol e musica di Mauro Mussida, uno dei grandi eroi del chitarrismo italiano. Brano coverizzato dozzine di volte, ma solo l’originale emoziona così tanto.
Area, «Luglio, Agosto, Settembre (nero)»: la breve carriera degli Area e del loro istrionico e fenomenale cantante Demetrio Stratos ha lasciato un segno profondo eppure nascosto nella cultura pop italiana. Negli anni mi è capitato spesso di parlare con persone appassionate di musica che non avevano mai sentito parlare degli Area e di Stratos. Ma c’è sempre tempo per rimediare.
Banco del Mutuo Soccorso, «R.I.P. (Requiescant in Pace)»: il Banco è un’altra band che ha portato la musica italiana a livelli di caratura mondiale. Come i loro colleghi dell’italian prog rock sono stati indubbiamente penalizzati dall’essere nati alla perfireria dell’impero, ma noi possiamo ancora goderci la grande musica che hanno prodotto.
Le Orme, «Gioco di Bimba»: altra canzone iconica di quella stagione musicale, coverizzata fino alla nausea. In effetti ero in dubbio se postare un altro brano della band, ma po mi sono detto che no, è bellissima, bisogna mettere lei.
Aggiornamento N° 07 – Sogni, viaggi e Rock ‘n Roll (Gennaio ’23)
Ozric Tentacles, «Eternal Wheel»: Brano di apertura del mitico album «Erpland», del 1990. Gli Ozric Tentacles sono per me una band imprescindibile, ogni tanto bisogna farsi trasportare nei loro folli viaggi psichedelici e poi sono un grandioso esempio di band che è riuscita a crearsi una carriera, un pubblico, una storia pur essendo decisamente incompatibili con gli obblighi del mercato musicale, semplicemente andando in giro a suonare. Da noni trascurare anche il fatto che Ed Winnie (unico membro fondatore che non ha mai abbandonato la band) è decisamente un grande chitarrista.
Wolfmother, «White Unicorn»: la band di Andrew Stockdale è di solito descritta come fortemente se non troppo ispirata al rock anni ’70. In realtà è impossibile apprezzarli senza partire dallo stoner rock, la loro musica non sarebbe mai nata negli anni ’70, è evidentemente figlia della rielaborazione del rock classico iniziata negli anni ’90. Datevi pace: esiste ancora gente capace di scrivere del buon vecchio rock ‘n roll!
Kadavar, «Dancing with the Dead»: ecco, i tedeschi Kadavar ci giocano molto di più con gli stereotipi del rock capellone, ma nel loro caso il gioco è talmente schietto da essere parte stessa della proposta artistica; tutta la produzione dei loro brani ha un sound vintage. Pur essendo in giro «solo» dal 2012 hanno già all’attivo un bel gruzzolo di album.
King Buffalo, «Regenerator»: il trio americano dei King Buffalo declina la fusione tra psichedelia e hard-rock attraverso uno stoner rock ancora diverso, più schietto e minimalista ma non meno travolgente. Assolutamente da seguire.
Aggiornamento N° 06 – Alla vecchia maniera (Dicembre ’22)
Vashti Bunnyan, «Diamond Day»: la title track dell’album capolavoro della cantautrice inglese, dimenticato e riscoperto ad anni di distanza, mentre lei si era ritirata alla vita di campagna. La rocambolesca storia di questo disco l’ho raccontata qui ☞Il cantautore con la chitarrina.
Sixto Rodriguez, «Sugar Man»: anche quella di Rodriguez è una storia di avventurosa riscoperta di un grande artista e anche di lui ho parlato nell’articolo di cui sopra. Questa è la title-track del suo album del 1970 «Cold Fact».
Wizz Jones, «Beggar Man»: sono molto affezionato all’album «The Leggendary Me» e questa è una delle canzoni più belle (ma sono tutte belle). Jones è un altro che avrebbe meritato ben altra fama.
Luca Ricatti, «Foglia Morta»: dal mio album del 2015 questa canzoncina che ricalca il ritmo della tammurriata e dedicata alla stasi della stagione fredda come metafora della malinconia.
Aggiornamento N° 05 – Electro (Novembre ’22)
The Knife, «Silent Shout»: Silent Shout è l’album capolavoro del duo svedese, tutto bellissimo dall’inizio alla fine, secondo me uno degli album di musica elettronica più belli mai incisi; è stata dura scegliere una traccia sola, alla fine ho optato per la title-track.
Björk, «Jóga»: la cantautrice islandese è passata negli anni dai ritmi danzerecci di ispirazione rave alle sperimentazioni più ambiziose e personalmente adoro i suoi lavori in tutte le forme che hanno assunto; ma questa canzone è per me uno dei suoi apici assoluti.
Subsonica, «Istantanee»: l’influenza dell’ondata elettronica da noi in Italia si è sentita in varie formazioni, ma forse quella più originale è rimasta quella della band torinese, per la fusione col rock in una maniera che non s’era mai sentita; l’uscita di questo singolo nel lontano 1998 fu una rivelazione.
Massive Attack, «Protection»: la title-track dell’album del 1994 fu la prima canzone che ascoltai della band di Bristol, ricordo ancora esattamente il momento: era un sabato pomeriggio, ero ancora uno scolaro, ero solo in casa e aspettavo il momento di uscire con gli amici a combinare chissà cosa; su Video Music passarono questo video clip e rimasi folgorato.
Aggiornamento N° 04 – Dodecamerone (Ottobre ’22)
The Queens of the Stone Age, «Burn the Witch»: per inaugurare questa breve selezione di 4 canzoni a tema Halloween, ho dovuto partire da uno dei miei pezzi preferiti della band di Josh Homme, tratto dal bellissimo album «Lullabies to Paralyze». Mi fa impazzire il sound di questo pezzo, sembra John Lee Hooker dopo che si è fatto una scorpacciata di romanzi di Stephen King.
Vivano le streghe.
John Fahey, «Requiem for Molly pt.1»: John Fahey è stato il primo chitarrista a farmi capire che suonare l’acustica in fingerstyle è la cosa più figa che si possa fare con una chitarra e siccome ha scritto parecchia roba tra danze macabre e requiem, non poteva mancare in questa selezione. In questo pezzo fa uno dei suoi numeri migliori: parte piano e un po’ incerto e sembra quasi che non sappia dove voglia andare, poi accelera sempre di più, entra nella sua trance mistico-musicale e ti trascina in un tornado di note inarrestabile.
E tira fuori il concetto di «requiem» dalla tradizione colta per infilarlo nella sua chitarra steel-string, tutta questa arte trae ispirazione da qualcuno che non c’è più e una vita che si spegne diventa eterna.
Meraviglioso.
David Bowie, «Blackstar»: forse il gesto artistico più affascinante (ma anche inquietante) della strabiliante vita del Duca Bianco è stato questo album, potente, visionario, avanguardistico e fighissimo, con tutto quello che è riuscito a crearci intorno.
Uscito due giorni prima della sua morte, sembra letteralmente provenire dall’aldilà.
Mai viste le fotografie postate da non si sa chi (qualcuno dice da Bowie stesso) sul blog Tumblr? (Il blog non esiste più ma le immagini si possono trovare facilmente su Google).
Teatrali, inquietanti, meravigliosamente raccapriccianti.
Bowie ci trascina nella «Villa di Omen» e la morte diventa qualcosa di terribilmente presente.
Popol Vuh, «Brüder des Schattens – Söhne des Lichts»: e dopo tanta oscurità, ci voleva il ritorno alla luce.
Questo è il brano che apre e dà il titolo a quello che forse è l’album che ho ascoltato di più nella mia vita e dunque non poteva proprio mancare.
Scritto per la colonna sonora del Nosferatu di Herzog, è un potente viaggio dalla più oscura tenebra alla rigenerante luce dell’alba. Da ascoltare con cuore e cervello aperti.
Aggiornamento N° 03 – Landscapes (Settembre ’22)
First Aid Kit, «My Silver Lining»: il duo di sorelle svedesi ha raggiunto una certa notorietà grazie a questo meraviglioso singolo; incredibilmente prodotte ai loro esordi dall’etichetta creata dagli ahimè sciolti The Knife, la Rabid Records, sono poi approdate al mondo major. Sono molto affezionato a questa canzone.
Luca Ricatti, «Polvere da Sparo»: dal mio album del 2015 questa ballata/valzer sul complicato rapporto tra noi e la Natura.
Massimo Bubola, «Il Cielo d’Irlanda»: in un capitolo dedicato ai paesaggi, non poteva mancare questo gioiellino della canzone italiana scritto originariamente per la Mannoia da Bubola; per quella poca esperienza che ho avuto (ma non sono il solo a pensarlo) c’è tra italiani e irlandesi una sorta di spontanea simpatia reciproca. Almeno io, da quando sono stato nell’Eire da ragazzino, quel cielo me lo porto dentro sempre.
Pierre Brensusan, «Le Voyage pour l’Irlande»: per rimanere in tema, uno dei miei chitarristi preferiti in assoluto, Bensusan, ha dedicato molto all’Irlanda, soprattutto nei primi dischi, contribuendo alla nascita di quel filone della Chitarra folk fingerstyle chiamato Chitarra Celtica.
Aggiornamento N° 02 – Sorella Africa (Agosto ’22)
☞Rokia Traoré, «Tu Voles»: Rokia Traoré è una cantate Maliana che mescola la tradizione della sua terra con influenze da tutto il mondo; di solito canta nella sua lingua madre, ma questa Tu Voles mi piace troppo.
Rokia Traoré
Monoswezi, «Woshanda»: i Monoswezi prendono il nome dalle iniziali dei rispettivi paesi di provenienza: Mozambico, Norvegia, Svezia e Zimbabue; la loro musica fonde i gelidi sintetizzatori scandinavi con la pulsante vitalità africana, il tutto tenuto insieme dalla splendida, delicata voce di Hope Masike (chiamata “principessa della Mbira”, un piccolo idiofono anche detto “sanza”, considerato tipicamente maschile).
Monoswezi
Corey Harris, «Special Rider Blues»: Corey Harris è uno dei pochi prosecutori dell’autentica tradizione del Blues Rurale; ha viaggiato molto in Africa occidentale per studiare le culture locali e nei suoi numerosi album ha fuso il blues arcaico con la musica africana (come si sente in questo pezzo), arrivando a suonare anche il raggae, in un viaggio di ricerca identitaria, oltre che sonora.
Corey Harris
Jain, «Makeba»: chiudiamo questo micro-viaggio nell’l’Africa sognata con questo spettacolare pezzo della geniale cantante franco/malgascia Jain, dedicato alla “Mama Africa” per eccellenza, Miriam Makeba (ma tutto l’album di esordio del 2015 «Zanaka» è uno spettacolo).
Jain
Aggiornamento N° 01 – Tanto per capirci (Luglio ’22)
☞Trolska Polska, «Tumult»: i Trolska Polska sono una band composta di troll (così di cono loro!) danesi/svedesi, guidati dal polistrumentista danese Martin Seeberg. Fanno una musica indefinibile, una sorta di folk scandinavo psichedelico.
Li adoro totalmente.
Trolska Polska
☞Fleet Foxes, «Helplessness Blues»: sono un assoluto fan della band di Robin Pecknold e scegliere una canzone è stato difficile; alla fine ho optato per la title track del loro secondo album. Hanno radici nel folk rock americano, ma ci sono chiare influenze progressive e di songwriter come Neil Young.
Fleet Foxes
☞Mdou Moctar, «Taliat»: uno degli esponenti più in vista di quello che è stato definito il Desert Blues o anche Tuareg Guitar Music. Suoni rock-blues applicati alla musica tuareg, con un risultato sorprendente e spiazzante. Dicono che i testi fanno spesso riferimento alla difficile condizione sociale e politica dei tuareg, ma non lo so, non capisco la lingua tamasheq; ma la musica mi piace.
Mdou Moktar
☞Molly Tuttle, «Crooked Tree»: torniamo negli USA con questa straordinaria chitarrista acustica e banjoista che suona col plettro, senza plettro e con la tecnica mista per fare del buon vecchio country americano; e canta anche molto bene.
Molly Tuttle
Che cos’è 4 Canzoni
Non amo le playlist, sono un tipo vecchio stampo, a me piace ascoltare gli album interi.
Dice: e allora perché una playlist alternativa? E poi alternativa a cosa?
Quando ero giovane si facevano le collezioni delle proprie canzoni preferite sulle musicassette per regalarle agli amici e (soprattutto) alle persone amate. Era un modo per raccontarsi, ma nasceva anche dalla sana voglia di condivisione.
Non era nata con questa intenzione, internet? Per condividere?
Sì ma «alternativa» a che?
Playlist alternativa nel senso di alternativa alla musica che si ascolta sui media di massa.
Che non vuol dire necessariamente indie (nel senso di «musica prodotta da etichette indipendenti»).
Diciamo che il criterio è più o meno: quello che la maggior parte delle persone non conosce.
Tendenzialmente prediligerò musica prodotta in anni recenti, ma non è una regola fissa.
Tendenzialmente, ogni 4 Canzoni, inserirò almeno un brano di un chitarrista.
A volte inserirò un brano fatto da me, ma solo ogni tanto.
E perché 4 canzoni?
Perché avendo solo pochi brani alla volta, se ti piacciono e ne vuoi ancora, forse vinci la pigrizia e ti vai a cercare gli album interi.
Per ogni canzone scrivo due righe di presentazione e metto un link al sito dell’artista (quando è disponibile).
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