Il Premio Nobel a Bob Dylan.
Bravo, bravo, sò contento.
Avete presente l’episodio finale de I Mostri di Dino Risi, vero? Quello intitolato La Nobile arte, che poi è il più bello di tutto il film?
Nella mia mente Bob Dylan è stato fulminato per sempre da una battuta contenuta nell’autobiografia di Dave Van Ronk, quando scopre il nome d’arte scelto da Bob Zimmerman:
«Bob Dylan, D-Y-L-A-N.
“Come Dylan Thomas?”, chiesi in tutta innocenza.
Esatto.
È possibile che abbia alzato gli occhi al cielo, lo ammetto.»
Van Ronk, che mito.
Ma non voglio mica parlare male di Bob Dylan. Ora che scrivo sto ascoltando Blonde on blonde.
È un gran bel disco. No davvero, bellissimo. Poi uno degli album che ho sentito di più da ragazzino è stato Highway 61 revisited.
È il fatto del Premio Nobel che proprio non capisco.
Il Premio Nobel a Bob Dylan è un’assoluta goduria per tutti gli amanti della cosiddetta canzone d’autore.
E anche per molti amanti del rock.
Tutti contenti.
Tutti eccetto, ovviamente, quelli che hanno dedicato la loro intera vita alla letteratura.
Dylan è considerato il mostro sacro.
Il giorno in cui si è saputo dell’assegnazione del Premio Nobel a Bob Dylan è anche morto Dario Fo. Quel pomeriggio ho sentito dire da uno in televisione che Dylan ha inventato la canzone d’autore, che prima di lui c’era solo la canzone folk tradizionale. Ha detto proprio così.
Che forza questi talk show. Io ne sparo di cazzate, ma a questi je spiccio casa.
Mi sono appisolato e devo aver sognato la giornalista di Sky TG che diceva a una folla oceanica che Dario Fo ha scoperto il fuoco e Bob Dylan ha inventato la ruota.
Il primo disco di Bob Dylan (quello in cui c’è l’arrangiamento di House of the rising sun rubato al povero Van Ronk) è uscito nel 1962.
Quanti dischi di canzoni inedite sono usciti prima del 1962? Un po’.
Se avessi potuto parlare col tizio del talk show gli avrei dato una notiziona di quelle bomba: le canzoni folk tradizionali non spuntano sugli alberi come le pere.
Per dire, nessuno sa il nome del tizio che ha scritto la ballata tradizionale John Henry, ma questo non vuol dire che non sia esistito.
Certo, ci sono diverse versioni dello stesso brano, ma uno che ha scritto la prima c’è stato. Forse non era uno, erano due o quattro. Ma erano comunque tizi che componevano canzoni.
Bob Dylan non ha inventato una cosa nuova. Non è che siccome a voi piace chiamarle poesie, perché vi fa sentire più intelligenti, allora le canzoni diventano una cosa nuova.
Nobilitare la canzone paragonandola alla poesia è una cosa che non ho mai digerito. Questa retorica sulla falsa riga di Fernanda Pivano, con tutto il rispetto, grandissima intellettuale; questo discorso che le canzoni sono belle e importanti perché sono poesie, sinceramente mi fa partire lo sbadiglio sganasciato.
Facciamo due passi indietro.
Non si è mai conosciuta società umana che non cantasse un qualche tipo di canzone.
Avete mai sentito un neonato nella fase della lallazione? Io mi chiedo sempre se cerchino di parlare o di cantare.
Probabilmente cantare versi è una cosa nata con l’homo sapiens. Quindi quando? Tipo 200mila anni fa?
Una cosa innata e potentissima, perché unisce corpo (musica e ritmo) e mente (voce e parola) in un unico evento rituale dall’enorme potenza catartica.
Da cui i termini incantare e incantesimo.
Invece la scrittura quando è nata? 5mila anni fa?
Dopodiché, la letteratura vera e propria, quanto ci ha messo a nascere?
Ah, scusate.
Dunque chi dovrebbe nobilitare chi, semmai?
Per una minuscola fase della lunga esistenza dell’essere umano, appena qualche secolo, in Europa, a un certo punto, i versi si sono astratti della musica e sono finiti sulla carta con rime, metrica e tutto il resto.
Praticamente i letterati si sono appropriati della scrittura in versi.
Questo è successo, guarda caso, in una fase della storia in cui noi europei tendevamo a separare mente e corpo e a considerare tutto ciò che è legato al corpo come indecente e primitivo, animalesco.
Così è nata la poesia come la intendiamo oggi. Una roba che leggevano quattro gatti di intellettuali. Perché a scuola ci spaccano la schiena su questi importantissimi poeti e sembra che i nostri antenati stavano tutti lì a leggere Foscolo.
Ma i nostri antenati erano quasi tutti analfabeti.
La canzone non è la figlia burina della poesia.
È la poesia che è la figlia snob della canzone.
Poi, nel novecento, la scrittura di versi è tornata a integrarsi con la musica. Questo è avvenuto, guarda caso, in una fase della nostra storia in cui abbiamo ricominciato e cercare una integrazione tra mente e corpo.
Abbiamo iniziato a parlare liberamente di sesso, a mostrare il corpo, a praticare yoga e arti marziali, a fare meditazione e a cantare canzoni.
Dice ma Dylan ha portato la poesia nella canzone d’autore e nel rock.
Vi rispondo con una frase di Joe Strummer:
«È stato dimostrato scientificamente: chi fotte le suore finisce per unirsi alla chiesa.»
Che forte Joe.
Come che vuol dire?
La canzone è e deve restare una roba antiaccademica, altrimenti muore, non ha più senso di esistere.
Bob Dylan scriveva testi molto belli?
Sì.
È stato un innovatore?
Per moti versi, sì.
Le sue canzoni sono belle quanto o più di tante poesie?
Probabilmente sì.
Le sue canzoni sono poesie?
No, la poesia è poesia, le canzoni sono canzoni. A meno che non vogliamo abbattere i limiti tra i generi. Che si può pure fare, ma allora diciamolo chiaro e tondo e ammettiamo tra i letterati, per esempio, sceneggiatori e autori di cinema e televisione.
Per dire.
Dice il Premio Nobel a Bob Dylan.
Che poi quanto vale il Premio Nobel, quanti centomila euro?
In tutto il mondo non c’era qualche grande scrittore che aveva bisogno di un aiuto economico? Non sto scherzando. Ora vi sarete fatti l’idea che odio la letteratura e la poesia, invece da ragazzo ho letto e amato diversi poeti, tra l’altro ho scoperto da poco che sono quasi tutti premi Nobel. Tutti tranne il povero Dino Campana: gliene fosse andata bene una, a quello.
Invece il Premio Nobel a Bob Dylan.
No ma bravo, sò contento.
Dylan non si è presentato a Stoccolma. Ha mandato una lettera in cui ringrazia tutti del grande onore, paragonando se stesso a Shakespeare. Ha scritto che neanche Shakespeare si è mai chiesto se stava facendo letteratura. Non commento la sua faccia tosta (che peraltro manda i suoi fan in visibilio), il mio non è un articolo sulle buone maniere. Dico solo che come argomentazione mi pare deboluccia.
La letteratura ha a che fare con le parole, per questo inevitabilmente si incrocia con una infinità di altre discipline. Resto convinto che questo non sia un buon motivo per appiattire tutto.
E soprattutto, credo che la canzone non abbia proprio bisogno di essere nobilitata dal fatto di essere paragonata alla poesia.
Sinceramente, se pensate che il Premio Nobel a Bob Dylan sia un suggello al valore artistico della canzone, evidentemente non avete mai creduto che la canzone abbia un vero valore artistico.
Stefano says
Davvero un bell’ articolo. Abbasso Cartesio e Foscolo. Il premio Nobel è una cazzata imperialista . Ne più e ne meno del premio Oscar , del giro d’italia e del Festivalbar (ma c’è ancora?).
Luca Ricatti says
Grazie!
Il Festivalbar imperialista è meraviglioso, me la rivendo!
Michele says
Vittorio Salvetti è il deus ex machina. Gran bel pezzo. complimenti
Luca Ricatti says
Grazie!
Se il Festivalbar è una forma di imperialismo, Salvetti è una specie di… Pizarro… ? Mumble mumble…
Il bambinello says
Sarà, rifiutare il premio nobel è una cosa rock! Abbestia! Dev’essere un’emozione impagabile! Ancora più che ricevere il premio nobel, Altro che Mastercard! Devo dire Dylan lo conosco poco, not my cup of tea, come dicono gl’inglesi, ma stavolta m’è piaciuto proprio! Fossi suo fan mi sarei acquistato pure i remaster gold 50th anniversary.
Luca Ricatti says
Sì, ma il fatto è che Dylan non l’ha rifiutato. Se l’è preso (soldi inclusi). Solo che non si è presentato alla cerimonia perché dice che stava impicciato.
Danilo says
Ci sono tuoi articoli che mi sono serviti molto. Ma questo è un vero e proprio minestrone di idee confuse. Il premio Nobel per la letteratura è destinato a chiunque riesca con le parole a muovere le generazioni. Il tuo discorso non sta in piedi. Senza Dylan non sarebbero esistite diverse scuole compresa quella italiana. La canzone fa parte della cultura. E i versi della poesia. Se ti pare così strano che Dylan prenda un premio per la letteratura vuol dire che non rispetti le due arti allo stesso modo.
Luca Ricatti says
Ciao Danilo,
mi dispiace che il mio articolo ti appaia un minestrone di idee confuse.
Devo dire che all’epoca (2016) avevo questa brutta tendenza a scrivere articoli critici dal tono caustico e auto compiaciuto, che poi forse neanche si capivano tanto bene.
Però devo dire che anche il tuo commento non è che sia meno confuso!
“Il premio Nobel per la letteratura è destinato a chiunque riesca con le parole a muovere le generazioni”?!!
Ma che vuol dire?
Anche Hitler ha “mosso una generazione”.
Mi sa che non è proprio così.
E poi perché se mi appare strano il Nobel a Dylan “vuol dire che non rispetto le due arti allo stesso modo”?!
Sinceramente, non capisco proprio cosa c’entra.
Ad ogni modo, se dovessi riscrivere questo articolo oggi (cosa che non farei) forse mi limiterei a una domanda:
Perché ti rende tanto felice che un gruppetto di baroni dell’Accademia Svedese abbia dato in pompa magna un riconoscimento a Bob Dylan?