Tutte le mattine incrocio dozzine di persone con le cuffiette, nella metropolitana o lungo i marciapiedi di Roma. I bassi delle canzoni che si sparano nelle orecchie hanno un raggio di un metro e mezzo. Canzonette alla moda sono ovunque: nei bar, nelle stazioni, nei negozi di abbigliamento, dai parrucchieri. Gli spot pubblicitari fanno a gara per trovare il brano più cool con cui incantare i consumatori. In una situazione del genere uno penserebbe che quello del musicista sia un mestiere molto richiesto.
Come sanno anche i sassi non è così. Il perché è abbastanza incomprensibile. Secondo la vulgata comune dipende dalla crisi del mercato discografico. Le grandi etichette si giustificano dicendo che i CD non si vendono proprio, gli MP3 si vendono poco e che la colpa è del download illegale. Io però aggiungerei un paio di cose:
1) Non si produce musica. Nessuno investe per produrre nuovi musicisti, gli editori non fanno più i produttori, sono diventati semplici stampatori: cioè, le band si autoproducono gli album, poi vanno dagli editori che gli stampano le copie (e spesso gliele rivendono).
2) La poca musica nuova che viene prodotta non è pubblicizzata. O meglio, le radio, le televisioni e i giornali più grossi pubblicizzano quasi esclusivamente i soliti noti, che poi vengono celebrati perché i soli che ancora riescono a vendere dischi (ma guarda un po’), come se fossero eroi di un’epoca d’oro che non tornerà.
Ecco perché, quando sento o leggo le solite lagne di discografici e vecchie glorie sulla pirateria che uccide l’arte, rimango sempre scettico. Per far vivere l’arte bisogna che questa abbia intorno strutture forti e al passo coi tempi. Ma mentre il pubblico è affamato di musica, il mercato discografico è diventato una vecchia osteria piena di ragnatele e piatti incrostati. Come fa ad attirare gente?
A fronte di una radicale trasformazione tecnologica sta un sostanziale immobilismo organizzativo che non consente alla musica nuova di emergere e ai musicisti di guadagnare. L’autoproduzione la possono fare tutti, ma interfacciarsi con radio, televisioni e giornali è un altro paio di maniche. Il sistema di promozione della musica è quello di cinquanta anni fa. Sì, internet ha aperto nuove porte, ma il grosso pubblico lo si raggiunge solo coi vecchi media. Finché non cambierà tutto questo apparato, la musica continuerà a essere ovunque, ma sarà sempre la stessa minestra riscaldata, servita in un vecchio pentolone sudicio.