Un anno fa, il 24 giugno 2015, a mezzanotte, usciva Fumo al vento, la mia prima produzione discografica professionale.
Anni a scrivere i pezzi, mesi di registrazioni, di lavoro sulle grafiche, due giorni in sala per il Mastering, stampa professionale, campagna pubblicitaria in collaborazione con un’agenzia e un sacco di soldi spesi. E ora?
Sono successe diverse cose.
Innanzitutto ho ricominciato a suonare dal vivo, dopo anni.
E siccome non avevo mai calcato il palcoscenico solo con la mia chitarra, suonando pezzi tecnicamente impegnativi, è stato per molti versi come se affrontassi il pubblico per la prima volta.
Incredibilmente, la gente ha risposto sempre piuttosto bene. E questo, di per sé, mi pare già un risultato: perché si sta sempre a dire che l’arte in Italia, che la gente bla bla; invece io ho trovato persone disposte a spendere il loro tempo ad ascoltare uno sconosciuto che fa musica acustica. Cioè dai, ma chi ci scommetterebbe?
Ci sono persone che mi scrivono per dirmi che hanno ascoltato il mio pezzo e mi fanno i complimenti, ma mica così, tanto per fare: mi dicono che ci han trovato questa o quella tematica, fanno paragoni, analizzano.
Nel primo mese regalavo il download del disco. Un sacco di gente si è iscritta alla mia newsletter per scaricarlo.
Tra questi Igor Lampis, leader dei Punkillonis. Mesi dopo ne è nata una collaborazione. Igor mi ha chiesto prima un arrangiamento di chitarra acustica per un pezzo del suo nuovo album, poi di collaborare a un progetto editoriale su Brassens.
Poi ho ricevuto recensioni e commenti al disco.
C’è stato Loris Bohm, direttore di LineaTrad, che prima mi ha scritto una recensione meravigliosa, e poi mi ha invitato a tenere una rubrica fissa sulla sua rivista. C’è stato Andrea Carpi, direttore di Chitarra Acustica, che mi ha fatto una citazione lusinghiera in un articolo. E poi altre recensioni e un’intervista.
Poi c’è stata l’esperienza della Indiemood session, il video girato tra i canali veneziani e la publicazione su Rockol. Qui ho raccontato il viaggio a Venezia.
Dischi venduti?
Pochi. Embè?
Non ho certo fatto un album sperando di vendere 2000 copie. Sto cercando di tessere una rete di relazioni con persone interessate e interessanti. E sta succedendo.
A dicembre scorso ho aperto un canale Youtube dove pubblico i miei arrangiamenti per chitarra fingerstyle.
Ora ho iniziato una nuova rubrica dedicata alla didattica. Ci pensavo da anni: l’ho fatto.
Come blogger, ho iniziato un viaggio alla scoperta del web e delle sue regole. E credetemi, c’è davvero tanto da scoprire.
In pratica è successo questo: lucaricatti.it vantava da anni qualche centinaio di visitatori al mese. Vi assicuro che per un blog che parlava quasi solo di cose mie personali, scritto per pura passione e senza la minima conoscenza delle regole di ottimizzazione, era un risultato incredibile. Poi all’improvviso, all’inizio del 2016, c’è stato un crollo mostruoso delle vsite.
Per capire che diavolo era successo ho dovuto mettermi a studiare. E mi si sono dischiuse le porte di un universo.
Ora sono tornato ai livelli di prima e conto di moltiplicare questi risultati in modo esponenziale nei prossimi mesi. Ma il punto è che le cose che sto scoprendo creano scenari nuovi e molto interessanti per chi fa arte ed è disposto a investire energie nella rete.
Ne parleremo nei prossimi mesi.
A conti fatti, credo che Fumo al vento sia un buon disco. Non è un capolavoro, io non sono un genio. Ma è un disco fatto col massimo dell’impegno, in cui ho limato ogni parola, ogni passaggio di chitarra, cercando di essere onesto il più possibile.
Per chi non lo ha sentito ed è un po’ curioso, regalo 3 canzoni: basta andare sulla pagina dedicata al disco e inserire un indirizzo email funzionante. Partono in automatico i messaggi per scaricare i link per il download.
Per chi ragiona con l’ottica dell’industria del disco può sembrare in tutti i sensi un anno di fumo al vento. Io ragiono con l’ottica di un artista che sta cercando una strada alternativa a quella dell’industria, attraverso rapporti umani, reti di persone e condivisione. E vedo che stanno succedendo delle cose.
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