È uno splendido mattino di settembre. Me ne sto seduto al tavolino di un bar all’aperto, nei pressi del Colosseo, con la mia compagna, mia suocera e mia figlia di quasi cinque mesi. Classico bar per turisti, prezzi alti e caffè cattivo.
Mentre il personale cerca di guastarmi l’atmosfera col marocchino più schifoso che abbia mai bevuto, si avvicina un musicista gitano con una fisarmonica. Abituato a sentire le solite nenie trite e ritrite buttate lì, penso che non potrebbe andare peggio.
E invece resto piacevolmente sorpreso: il musicista romanó* suona le canzonette pallose che mi aspettavo, ma in modo tanto magistrale da renderle intriganti: movimenti di bassi divertenti e armonizzazioni zeppe di alterazioni jazz fanno sembrare fresca persino la solita My way.
Riesce a farmi mandar giù il marocchino che sa di bruciato.
Finita l’esibizione, mentre fa il giro di cappello, il fisarmonicista viene intercettato da una signora seduta assieme al marito. In inglese gli dice che lui, il fisarmonicista, ha suonato una canzone della loro terra, cioè il Canada. Perché My way la cantava Frank Sinatra, è vero, ma l’ha scritta Paul Anka, che è canadese.
Tre note a margine di questo episodio.
1) Continuo a chiedermi perché i musicisti romanì, quando si esibiscono in strada per noi gadje (cioè le persone non-romanì) ci propinano sempre questo repertorio da piano bar scassapalle. Siccome il razzismo nei loro confronti è a livelli da paranoia collettiva, sospetto che pensino che saremmo disgustati dalla loro musica e che siamo contenti solo se ascoltiamo O sole mio e altre chiodate del genere. Ma forse mi sbaglio.
2) Resto sempre affascinato dalla capacità della musica di attraversare i tempi e i luoghi.
La signora canadese mi ha fatto venire la curiosità, così sono andato a vedere cosa dice Wikipedia di My way. (No, non sono un fan di Sinatra. E no, non ci vedo niente di male a consultare Wikipedia). Ho scoperto che Paul Anka ha solo scritto la traduzione in inglese della canzone, ma il brano originale è del francese Jacques Revaux, rimaneggiato dal compaesano Claude François.
In pratica, nel cuore di Roma ho ascoltato un musicista romanó suonare in versione jazz una canzone scritta in Francia ma resa celebre da un italo-americano nella versione in lingua inglese scritta da un canadese.
3) Perché una turista canadese ci tiene a informare un musicista di strada che la canzone che lui ha suonato è stata scritta in Canada? Ha voglia di comunicare le sue origini? Vuole diffondere la conoscenza della propria cultura? È solo una scusa per scambiare due parole con un artista esotico?
In tutti i casi, mi piace pensare che la musica riesce ad essere un ponte tra persone (apparentemente) distanti anni luce tra loro. È fichissimo.
*Romanó/Romanì: evito di usare le parola zingaro, di origini antichissime e secondo me bellissima, perché oggi ha assunto purtroppo un’accezione dispregiativa e perché comunque di solito non è amata dai diretti interessati.
Marco says
“In pratica, nel cuore di Roma ho ascoltato un musicista romanó suonare in versione jazz una canzone scritta in Francia ma resa celebre da un italo-americano nella versione in lingua inglese scritta da un canadese.”
E’ la frase più bella che abbia mai letto in vita mia.
Luca Ricatti says
No, dai, se dici così la gente mi paragona a qualche millennio di letteratura mondiale e ne esco a pezzi.
Però grazie! 😉