Esistono i video di chitarra fake? Chi li fa? Quanti ne circolano? Quanti chitarristi mimano i loro assoli su YouTube? E come li realizzano?
È vero che alcuni chitarristi fanno tonnellate di visualizzazioni con video che sembrano vere esibizioni e invece sono frutto di «trucchi di montaggio»?
La risposta breve è: sì, è vero.
La risposta lunga è nel resto di questo articolo.
Vedremo come vengono realizzati questi contenuti e scopriremo che esistono varie tipologie di video di chitarra fake. Ma soprattutto proveremo a capire perché vengono realizzati, dato che spesso sono prodotti da chitarristi molto in gamba, che teoricamente non avrebbero bisogno di usare trucchi.
La faccenda è molto più intricata di quanto si possa pensare e la distinzione tra virtuosi e imbroglioni è sfumata.
Per capire da dove arriva il fenomeno dei video di chitarra fake, analizzeremo due forme di narrazione che circolano tra gli appassionati. Le trame hanno di volta in volta piccole variazioni e protagonisti diversi, ma ripetono sempre gli stessi schemi. Imparare a riconoscere queste narrazioni è utile per avere una visione chiara, disincantata e soprattutto serena nei confronti della musica e della chitarra. Ci siamo tutti dentro, me compreso, ma se proviamo a rifletterci insieme, forse, ne caviamo fuori qualcosa di buono.
I due canovacci ricorrenti
1) C’è un giovane chitarrista sconosciuto dal talento incredibile, che suona da solo nella sua cameretta. Il mercato discografico non gli concede spazio, ma il giovane prodigio ha postato un video sui social network ed è diventato una star.
Grazie alle nuove tecnologie il vero talento è emerso, il bene ha trionfato.
Questa è la «Storia del Giovane Chitarrista Fenomeno».
2) C’è un chitarrista dalle scarse capacità tecniche ma grande smanettone del computer, che è riuscito a far credere a milioni di persone di essere un fenomeno postando video contraffatti: le sue performance spettacolari, infatti, sono frutto di trucchi realizzati con un sapiente editing audio-video. Ma il popolo di internet ha svelato il suo imbroglio.
Il bene ha trionfato, il male è stato sconfitto.
Questa è la «Storia del Chitarrista Imbroglione».
Apparentemente, può sembrare che questi due «plot» siano l’uno l’opposto dell’altro. Invece il primo è la premessa del secondo: senza capire il primo non si può capire da dove arriva il secondo.
Storia del Giovane Chitarrista Fenomeno
Sul sito ufficiale di Max Ostro (giovanissimo talento russo della chitarra elettrica) c’è scritto che andò alla sua prima lezione a dieci anni, con una vecchia chitarra sovietica a cui mancava una corda.
È diventato famoso quando sono andati virali alcuni suoi video girati in casa, in cui appare come una vera icona nerd. Il più celebre è uno in cui esegue una cover del chitarrista bielorusso Valery Mikhailovich Didula.
Oggi il ragazzo è endorser di marchi prestigiosi come D’Addario e Ibanez (e se lo merita, perché è obiettivamente bravissimo).
Se hai mai visto qualche puntata di un talent show, puoi già notare che in questa breve narrazione c’è lo stesso schema che viene proposto tipicamente a X Factor: «era un giovane sconosciuto dal passato difficile, ma ora, grazie a questa trasmissione, si esibisce davanti a milioni di spettatori!»
Basta sostituire «questa trasmissione» con «YouTube» e il canovaccio è identico.
Ma davvero basta un click?
In realtà, non esiste che uno si alza una mattina, fa click per uploadare un video e bum, tutto il mondo lo va a guardare come se non aspettasse che lui… o per lo meno è molto difficile. Quando un video di un musicista diventa virale, dietro c’è un mondo di cose.
A volte ci sono anni di video postati che hanno avuto scarso successo. Quasi sempre il musicista è attivo su altri social network, conosce persone, scambia messaggi e intesse relazioni.
A volte c’è un professionista che ha lavorato sodo affinché il video diventasse popolare. E d’altra parte per un chitarrista di alto livello, che trascorre diverse ore al giorno a studiare, è difficile tenere i contatti con gli organizzatori dei festival musicali, curare i dettagli della pubblicazione di un singolo o di un album, creare un press kit professionale, inviarlo ai siti web e ai media tradizionali, contattare giornalisti e influencer, curare i canali social…
Un chitarrista può anche fare tutto da solo, ma non è facile. Io faccio tutto da solo, ma io non sono famoso ed è anche giusto, perché sono un fesso come tanti. Ai livelli di chi fa milioni di visualizzazioni, le cose sono un po’ più complesse.
Il canovaccio del Giovane Chitarrista Fenomeno lo diamo per scontato come fosse un’ovvietà, invece è quantomeno molto ingannevole.
Può sembrare una innocua semplificazione, invece ci troviamo di fronte a una cosiddetta narrazione tossica.
Una narrazione tossica è una forma di racconto che inquina l’ambiente in cui si diffonde, come un veleno che permea un terreno coltivato.
Sto esagerando?
Vedremo.
Catalogazione
Spesso la «Storia del Giovane Chitarrista Fenomeno» comprende un altro elemento inquinante, cioè la «catalogazione» del chitarrista: il migliore del mondo, il più grande della sua generazione, il più influente, il più carismatico, eccetera.
A gennaio 2024, Rick Beato ha ospitato nel suo studio il giovane talento italiano Matteo Mancuso e ha intitolato il video «The World’s Greatest Guitarist?». Per chi non lo conosce, Mancuso è un chitarrista siciliano che suona fusion, ha un fraseggio di una fluidità strabiliante ed è giustamente diventato un vero caso tra gli appassionati di chitarra.
Rick Beato è uno degli youtuber di più vasto successo al mondo, fra quelli che parlano di chitarra; ha milioni di iscritti al canale e ha intervistato gente del calibro di Pat Metheny, Yngwie Malmsteen e Sting. I suoi video sono molto ben fatti e le sue interviste approfondite sono una vera goduria per gli appassionati.
Consiglio caldamente la visione di questo video.
Ma faccio anche notare questo.
All’inizio dell’intervista esce subito fuori il fatto che Matteo, quando era un giovane sconosciuto, si faceva i video da solo. Oggi, dice Beato, è il più grande del mondo (anche se col punto interrogativo).
La narrazione sottintesa da questo video ricorda molto quella proposta dal sito web di Ostro. Sembra uno schema a cui nessuno di noi riesce a sfuggire, ci si è radicato nel cervello. Però qui c’è un dettaglio in più: Matteo è diventato «il più grande».
Come se fosse seriamente possibile misurare la bravura di tutti i chitarristi del mondo e stabilire chi è il più bravo.
Per chiunque abbia un po’ di cuore in mezzo alle orecchie, è ovvio che non è solo l’abilità tecnica a fare di un chitarrista un «grande» chitarrista. Ma il fatto è che è proprio impossibile misurare l’abilità!
O meglio, la puoi misurare se riduci l’abilità alla velocità. Ah, è vero… È esattamente quello che fa gran parte degli appassionati di chitarra. Come si chiamano, quelli così?
Ah sì, «riccardoni» .
Il riccardone
C’è tutta una fetta di appassionati che pensa a un chitarrista negli stessi termini in cui penserebbe a un’automobile: quanti secondi impiega per arrivare da zero a cento? Quanto consuma? Da quanti litri è il bagagliaio?
Non so da dove viene il termine riccardone (una spiegazione comica ma tragicamente lunga è stata data in un vecchio articolo sul blog Bastonate), ma si è diffuso per indicare quel genere di appassionati di musica maniaci della misurazione, ortodossi fino al fanatismo, convinti di sapere tutto ma spesso del tutto incompetenti.
Il riccardone medio non si preoccupa di capire cosa lo emoziona nella musica, si approccia all’arte con lo spirito di un giudice che misura una performance.
Intendiamoci, non c’è niente di male a divertirsi ascoltando un musicista che fa il funambolo. In tanti generi musicali la velocità è una delle componenti che rendono l’ascolto esaltante, dall’heavy metal a certi sottogeneri del jazz, come il bebop o il manuche. Anche nel rap è molto apprezzato chi è capace di sillabare rime e allitterazioni a grande velocità.
Ma la velocità è solo uno degli elementi che contribuiscono a rendere la musica più emozionante.
Invece per il riccardone medio, la velocità è la prima se non l’unica cosa che conta. Perché?
Perché la velocità è misurabile.
Il riccardone ha bisogno di misurare, lui vive di misurazioni.
E perché è così appassionato di misure?
Perché è intriso di cultura del potere, che è cultura della gerarchia. Il riccardone controlla, fa classifiche e poi organizza piramidi. È schiavo delle dinamiche di potere e pretende di applicarle anche all’arte.
Per questo va in cerca di virtuosismi, gli servono per organizzare gerarchie.
Ma che si intende per virtuosismo?
Il concetto di «virtuosismo» è quasi sempre inteso come sinonimo di «velocità». È qualcosa di ingombrante, che fa passare in secondo piano tanti altri aspetti «tecnici» di una esecuzione chitarristica. Anche perché la maggior parte dei «tecnicismi» sono comprensibili solo ai chitarristi esperti.
Quando si studia un brano lento, per esempio, si rischia di diventare pazzi perché ogni singola nota potrebbe essere curata all’infinito e si può arrivare sull’orlo della mania compulsiva.
Tempo fa mi è capitato su YouTube un simpatico video short pubblicato dalla chitarrista classica inglese Alexandra Whittingam, in cui mostra quanto sia complicato curare l’esecuzione di un brano lento,
Deve fare attenzione a ottenere un timbro «caldo» sulla melodia, mantenere un accompagnamento pulito, enfatizzare la nota più acuta negli accordi, eseguire trilli (in realtà mordenti) molto veloci, legati perfetti e vibrati potenti, fare spostamenti rapidi e mantenere un tempo lento e costante (e quanto è difficile non accelerare, quando bisogna suonare lentamente!).
Monocoltura della velocità
Ma tutto questo passa inosservato, perché l’unico tecnicismo facilmente identificabile e misurabile dai profani è la velocità. E così si è creato un circolo vizioso in cui i chitarristi si sforzano di apparire sempre più veloci per fare facilmente colpo sul pubblico.
La velocità è diventata come la coltivazione del prosecco in Veneto o dell’olivo in Puglia: il pubblico degli appassionati di chitarra vuole vedere la velocità, perciò tocca coltivare la velocità!
Il mondo della chitarra è devastato dalla monocoltura della velocità.
E cosa succede a un terreno quando gli si impone una monocoltura intensiva?
Si impoverisce e si ammala.
E si arriva al fenomeno dei video di chitarra fake.
Storia del Chitarrista Imbroglione
Nei concerti, la maggior parte degli errori passa inosservata.
C’è questo film uscito nel 2013, «Grand Piano» (in italiano «Il Ricatto»), diretto dal regista spagnolo Eugenio Mira, con protagonista Elijah Wood che interpreta un pianista con l’ansia da palcoscenico, minacciato da un cecchino che gli ha scritto sullo spartito: «suona una nota sbagliata e muori». Il film secondo me è un capolavoro mancato, perché ha qualche punto debole nella trama e soprattutto meritava più respiro, tempi più dilatati e maggiore introspezione.
Però l’idea di partenza è geniale: il pianista si esibisce per tutto il tempo con questa voce nell’orecchio (tramite un auricolare) che allontana la sua concentrazione dalla musica e lo riporta sempre al pensiero che più di tutti un musicista deve tenere lontano dalla mente, mentre si esibisce: «sbagliare». Ma se sbaglia, il tizio spara a lui e a sua moglie.
Una curiosità: il brano difficilissimo che deve eseguire il protagonista (la «Cinquette», che è stato composto appositamente per il film), nella realtà è tecnicamente impossibile da suonare.
È una rappresentazione efficace della battaglia che si svolge nella testa di un musicista mentre esegue un brano dal vivo. Alla fine del film, il protagonista sbaglia l’ultima nota intenzionalmente e dice al suo furibondo aguzzino: «Ma il pubblico non lo sa!»
È esattamente così: i musicisti, anche i migliori, quando suonano dal vivo sbagliano. Ma la stragrande maggioranza delle volte il pubblico non se ne accorge.
È sempre stato così e non c’è niente di male.
E se il pubblico se ne accorge?
La faccenda, però, cambia completamente quando l’esecuzione è registrata. Lì non si scappa, si nota tutto, anche il più piccolo errore, perché l’attenzione di chi ascolta è molto più focalizzata.
Per questo, quando si incide un brano, è normale farne molte registrazioni per poi scegliere quella venuta meglio.
E se anche quella venuta meglio contiene un piccolo errore?
Editare sì, editare no
In alcuni casi, ho editato dei video in cui eseguo i miei brani, per correggere piccoli errori di esecuzione. In pratica, mi era scappata una nota e l’ho aggiunta in post-produzione.
Ho prodotto dei video di chitarra fake?
Per diversi anni ho pensato che fosse una cosa sbagliata e infatti in molti miei video si possono scovare degli errori che mi sono rifiutato di correggere. Per non parlare delle parti cantate: più di una volta ho cantato decisamente male, ma me ne sono fregato bellamente, anche perché quello che mi interessava mostrare era la parte chitarristica.
La verità è che i video in cui eseguo i miei brani per chitarra folk fingertyle sono sempre girati all’aperto, spesso in situazioni decisamente avventurose.
Mi è capitato di scappare in mezzo alla natura selvaggia in una mattina libera per fare un video e dover poi risalire di corsa in macchina, tornare in città, andare a prendere i miei figli a scuola e poi correre a lavoro, come in questo caso e in questo caso.
Anche io a volte mi lascio prendere dal bisogno di correre, mi stresso per incastrare chitarra, lavoro e famiglia.
E non mi fa bene.
In questo caso, invece, fui costretto a montare insieme le due metà di due registrazioni diverse: nonostante mi trovassi in un bosco in pieno inverno, infatti, in un luogo molto isolato, incappai in una comitiva di escursionisti con una guida che spiegava ad alta voce la storia geologica del posto; la voce del tizio entrò nel microfono mentre incidevo. Pioveva e la mia famiglia mi aspettava fuori dal bosco, sotto la pioggia, per andare a pranzo; così dovetti montare insieme due metà delle uniche due registrazioni che ero riuscito a fare.
In questo caso registrai stando seduto in una posizione così scomoda, sul crinale di un monte, da eseguire tutto il brano con una gamba completamente addormentata. Nonostante il formicolio, quella volta riuscii a fare una registrazione senza grossi errori.
In questo caso, invece, fui maledettamente fortunato: mi venne buona la prima e, un secondo dopo che avevo finito, arrivarono due ciclisti in mountainbike ansimando e chiacchierando ad alta voce. In verità c’è un errore, ma me ne fregai. Tra l’altro l’audio è orrendo perché quando arrivai sul posto scoprii di aver dimenticato il supporto per il microfono, che quindi dovetti incastrare alla bell’e meglio tra le gambe del cavalletto.
Insomma, registrando in queste condizioni improvvisate, tra difficoltà e imprevisti, mi è impossibile ripetere la registrazione finché non ne ottengo una perfetta: devo accontentarmi.
Così, in un paio di video, durante il montaggio, ho aggiunto delle note che nell’esecuzione mi erano scappate (cioè, le avevo proprio mancate). È l’unico tipo di correzione che sono in grado di fare; non sarei capace di modificare una nota sbagliata o suonata male (e non penso nemmeno che sia possibile).
L’ho fatto sicuramente in questo video e anche in quest’altro. Forse anche in qualcun altro, ma questi due sono gli unici di cui sono sicuro.
Ad ogni modo, non so se lo farò ancora, in futuro, perché è una cosa che mi fa sentire a disagio. D’altra parte, il senso di andare a registrare un brano per chitarra acustica nella natura selvaggia è anche riportare la performance musicale a una dimensione più umana.
Eppure, la maggior parte degli youtuber chitarristi non la pensa così.
Per quanto possa sembrare assurdo, pare che la gran parte degli appassionati di chitarra trovi del tutto logico guardare dei video di chitarra fake. Almeno «un po’ fake».
Qualche tempo fa mi è capitato questo video del chitarrista shredder tedesco Justin Hombach, dal titolo «I Fake My Guitar Videos, And You Should Too» («Io falsifico i miei video di chitarra e dovresti farlo anche tu»).
Nel video il nostro spiega con onestà ammirevole che non solo corregge gli errori di esecuzione nei suoi video, ma che spesso pre-registra l’audio e poi mima l’esecuzione in video. Perché lo fa?
Perché editare una registrazione solo audio per renderla perfetta è molto più semplice: tutta una serie di modifiche e tagli che si noterebbero in video sono impossibili da notare nel formato audio.
Una volta che hai a disposizione una traccia audio perfetta, mimare la parte video è abbastanza semplice.
Lui dice che lo fa perché, per eseguire «live» senza errori una di quelle complicatissime frasi musicali, dovrebbe studiarla per molti giorni, ma non ha il tempo di farlo. Invece in questo modo riesce a pubblicare con continuità nuovo materiale. Pubblicare regolarmente nuovi contenuti è essenziale per far crescere un canale YouTube e aumentare la propria visibilità.
Da un certo punto di vista, quello che dice è ragionevole.
Mi sono messo a scorrere i commenti per capire cosa ne pensano i suoi spettatori ed erano praticamente tutti d’accordo con lui. Però ne ho trovato uno che gli ha scritto: «Se un virtuoso non riesce a eseguire una clip di 10 secondi senza errori, è veramente un virtuoso?».
Mi ha fatto riflettere.
Inizialmente ho scambiato questo commento per un’intelligente arguzia, ma ero totalmente fuori strada: è la sintesi perfetta della follia del nostro tempo, perché parte da premesse schizofreniche! Se pensi di poter giudicare un chitarrista in base a una clip di 10 secondi significa che hai perso il contatto con la realtà!
Eppure sembra che sia questo il gioco a cui giochiamo quando postiamo i nostri video su YouTube: ci esponiamo al giudizio del mondo con pochi minuti o addirittura pochi secondi videoregistrati.
Ma allora perché uno dovrebbe esibirsi in brani troppo difficili da suonare senza errori?
Il fatto è che se vuoi avere successo su YouTube devi produrre continuamente materiale stupefacente, che attiri l’attenzione sia del pubblico e dell’algoritmo che deve decidere se e quanto mostrare i tuoi contenuti nella home page.
È un’impresa semplicemente sovrumana.
Per riuscirci, devi ricorrere a metodi di editing spinto, come quello dei video mimati.
Correre fortissimo, riuscire a suonare valanghe di quartine di sedicesimi, eppure… non essere mai abbastanza veloci.
Non sei mai abbastanza, devi fare di più, di più di più!
Più presto, più presto, più presto!
Correre, correre, correre!
Come si fa un video di chitarra fake
Nel 2019, il chitarrista fusion Jack Gardiner ha pubblicato un video sul suo canale YouTube dal titolo «Fake Guitar Playing – It needs to STOP!» («Esecuzioni chitarristiche fasulle, bisogna FERMARLE!»).
Ha avuto grossa risonanza nei forum in lingua inglese.
In circa mezz’ora spiega come si fanno i video di chitarra velocizzati per sembrare dei chitarristi sovrumani.
Il metodo non è difficile, si procede in questo modo.
– Si scrive un assolo con un programma di scrittura musicale, tipo Guitar Pro o simili.
– Si esporta il file MIDI (un protocollo di comunicazione tra strumenti elettronici e computer).
– Si fa suonare il file MIDI a un emulatore di suoni di chitarra.
– Si esporta il file audio (cioè un file wave, aiff, mp3, etc.).
– Si gira un video mimando l’esecuzione a velocità umana (cioè rallentata).
– Si velocizza il video dell’esecuzione e lo si mette in sincrono con il file audio a velocità sovrumana (cioè accelerata).
Non so quanti Video di questo genere abbia trovato Gardiner sul web, d’altra parte può darsi che nel frattempo le cose siano cambiate.
Ad ogni modo, secondo me, il fatto che ci siano in giro chitarristi imbroglioni che fanno cose di questo genere è un problema fino a un certo punto.
Il «Chitarrista Imbroglione» è veramente un problema?
Trovo molto più drammatico che ci siano veri chitarristi, anche molto molto bravi, che realizzano video di chitarra fake per essere all’altezza di standard troppo alti.
Nell’internet di lingua inglese ho trovato più di una discussione nei forum (su Reddit) che cita il video di Gardiner. Secondo alcuni se ne discute anche troppo, nel senso che l’argomento è diventato virale, mentre il fenomeno in realtà è molto limitato.
Mi trovo d’accordo: la narrazione del Chitarrista Imbroglione, che finge di essere un fenomeno quando invece è una ciabatta, è un racconto fuorviante: mette sotto i riflettori delle situazioni marginali; qualche caso c’è stato sicuramente (e ci sarà ancora) ma non vale la pena soffermarcisi.
Il più delle volte chi produce video di chitarra fake non è del tutto incapace di suonare il suo pezzo; però usa trucchi di editing per esibire frasi musicali o interi brani che non ha studiato come si dovrebbe. Oppure per sembrare ancora più bravo di quanto è.
Senza fare nomi, il tizio qua sotto è un classico esempio di guitar-star di YouTube, ha milioni di iscritti al canale ed è endorser di marchi famosi. È sicuramente un ottimo musicista, eppure ha il vizio di postare roba come questa: il movimento delle mani è innaturale, perché il video è velocizzato.
Probabilmente a un pubblico poco smaliziato non appare così evidente. A me salta subito all’occhio, forse perché nella mia vita ho trascorso centinaia di ore a guardare video in cui ci sono mani che suonano chitarre (anche le mie, ma soprattutto quelle di chitarristi molto più bravi di me).
Di recente mi è capitato un video di un insegnante di chitarra italiano che parlava proprio di questo chitarrista come di un fenomeno: mostrava un filmato palesemente velocizzato, simile a questo, ma non se ne rendeva conto!
Non è strano che accada una cosa del genere: nell’internet italiano sostanzialmente non c’è un dibattito pubblico sui video di chitarra fake. Non ho trovato youtuber che ne parlino, né thread nei forum.
D’altra parte, dalle nostre parti si discute anche poco di quei generi musicali, come la fusion e l’heavy metal, dove spesso si trovano i chitarristi più veloci. Qualcuno ha fatto una classifica dei paesi più metallari del mondo e l’Italia è risultata tra gli ultimi in Europa per quantità di band heavy metal ogni 100mila abitanti.
Ciononostante, è comunque diffusa anche dai noi la fascinazione verso l’abilità tecnica, intesa esclusivamente come velocità. La monocoltura della velocità non ha confini geografici ed è probabile che i video di chitarra fake cominceranno a proliferare anche qui da noi.
Ad ogni modo, mi capita spesso di vedere video di chitarristi italiani (ottimi chitarristi) in cui sospetto che l’audio dell’esecuzione sia pre-registrato e poi mimato in video.
Sono sicuro che molti lo fanno perché è molto più facile ottenere un prodotto di qualità elevata, se si registrano audio e video in momenti separati. Per decenni la famosa trasmissione Top of the Pops ha fatto esibire i musicisti in playback per lo stesso motivo: prodotto migliore con meno sbattimento. In Italia il Festivalbar e persino Sanremo (negli anni ’80) facevano esibire i cantanti in playback (con l’aggravante che quelle erano competizioni!).
Per uno youtuber, prodotto migliore con meno sbattimento significa riuscire a pubblicare con più frequenza, avere meno tempi morti tra un’uscita di un video e l’altra e, quindi, aumentare la propria visibilità.
Produrre, produrre, produrre! Più veloce, più veloce, più veloce!
Tirando le somme
Il nostro stile di vita è organizzato secondo sistemi gerarchici di forza, potere, ricchezza e visibilità. All’apice ci sono i potenti, i ricchi, i famosi. Per organizzare sistemi piramidali di questo tipo è necessario fare confronti, prendere misure, selezionare, escludere.
Questo modo di pensare è così profondamente radicato in noi che ci viene spontaneo applicarlo anche in ambiti dove è difficile misurare e schematizzare, come quelli artistici.
Per gli appassionati di chitarra, la cosa più ovvia da misurare per poter organizzare gerarchie è la velocità.
La velocità è quindi diventata talmente importante da essere identificata col concetto stesso di «tecnica strumentale», anche se in realtà esistono molti altri tipi di raffinatezze tecniche a cui si può dedicare un chitarrista.
Il racconto della parabola di un giovane chitarrista talentuoso (leggi: superveloce) segue sempre lo stesso schema:
1) era un giovane promettente ma povero/solo/sfigato
2) il sistema gli ha fornito un’opportunità (tramite una piattaforma online o un costoso programma televisivo)
3) è diventato il più grande del paese, del continente, della sua generazione, del mondo, di quello che vi pare.
Attraverso questi tre passaggi, il protagonista di questo racconto passa dalla base della piramide (dove stanno gli sfigati) al vertice. Il sistema ne esce rafforzato: ha dimostrato di saper valorizzare i talenti e ha un nuovo eroe da mettere in mostra.
Si tratta di una narrazione tossica, che spinge le persone a credere di dover raggiungere obiettivi assurdi.
Tutti i chitarristi vorrebbero essere protagonisti di questa parabola e così sono disposti a tutto per aumentare la propria visibilità: produrre più contenuti possibile, il più in fretta possibile, mostrando di saper suonare il più velocemente possibile.
Perché tutti vogliono avere un «lead role in the cage», come cantavano i Pink Floyd tanti anni fa.
Da qui nasce il fenomeno dei video di chitarra fake.
Ci sono situazioni sfumate, in cui le performance sono vere ma sono state fatte alcune correzioni.
Altre volte, però, si tratta decisamente di esibizioni fasulle: video mimati su audio pre-registrati e pesantemente editati; oppure video velocizzati.
Eppure, presi come stiamo da questo vortice di velocità, non ci accorgiamo di quanto sia deprimente che professionisti di tutto rispetto facciano certe cose. Piuttosto additiamo come «fake» solo bidonate paradossali e irrilevanti, come quelle di tizi che mimano tracce generate al computer.
Mi viene da pensare che siamo solo agli albori dei video di chitarra fake. A cosa potremo arrivare con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale? E quando poi arriveranno software in grado di correggere in tempo reale le note sbagliate, quali prodigi inarrivabili ci propineremo gli uni con gli altri? A quali standard di perfezione impossibile penseremo di dover arrivare?
La malattia dei video di chitarra fake si diffonderà perché è nata dalla monocoltura della velocità.
E la monocoltura della velocità è figlia del nostro bisogno di misurare, schematizzare, ottimizzare, essere più produttivi.
E questo bisogno è figlio della struttura gerarchica e piramidale in cui ci troviamo a vivere.
Nel mio piccolo, io consiglio questo agli appassionati di chitarra: mandate tutti a fare in culo, prendetevi il vostro tempo, godetevi il vostro strumento e se sbagliate siate contenti: significa che siete ancora umani, non vi hanno ancora trasformato in macchine.
Rallentate.
E quando avete voglia di correre, fatelo solo per divertirvi, non per arrivare primi.
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Marco says
Sempre molto preciso di quello che racconti è di quello che fai vedere come te c’è ne vorrebbero cmq anche il materiale che metti a disposizione gratis è fatto molto preciso grazie saluti
Luca Ricatti says
Grazie, Marco!
Max Ostro says
> In reality, there’s no way someone gets up one morning, clicks to upload a video and boom, the whole world goes to watch it as if they weren’t waiting for him.
I went and checked the analytics. I posted the video on 14 July 2019. It went absolutely viral on 14 June 2020.
> No, a click is not enough: behind a guitarist who becomes famous thanks to YouTube or any social network there is a huge amount of work. The plot of the Young Guitarist Phenomenon is substantially false.
You false. I did nothing. You can even see how rarely I care to post stuff even nowadays.
Btw have you noticed at all that Rhumba was completely mimed? Yes, it was — I had to rerecord the video part after realising my camera ruined my take by low FPS. But I kept the audio from the first take since I’m too lazy to set up the microphones and I hate how the small headphones keep pulling out of my ears by the upper horn of the guitar. I’m planning to post the initial video anyway in the future.
Max Ostro
maxostromusic.com
And I can confirm it’s me, don’t hesitate to ask on IG/FB etc.
Luca Ricatti says
Hi Max,
is a very pleasure for me having you here on my blog.
The essence of this long (and boring!) post is: society, tv, web platforms and big tech stress us and push us to produce content with the promise of fame and glory. And so we try to be more and more productive and faster and faster and productive. They say: hey man, look here to Matteo Mancuso or Max Ostro (or other young great guitarists), they just uploaded a video and wow, fame and glory!
But a video is never «just a video». It is part of a context.
Well, you say that «Rhumba» is gone viral about one year later you published it. And you did nothing.
But I’m sure you didn’t stay in home offline and doing nothing for one year. I guess you published other videos, had relationships with people who liked your music, maybe you played live.
So, it was not YT that make some sort of miracle: it was you! You did the job, not YT! You played and published stuff demonstrating your talent and probably someone with an huge audience noticed «Rhumba», share it and generated virality.
I don’t know if you’ve a press agent or make all by yourself (well, it’s possible, you young people are so smart with online stuff!). But the fact is: it happened because your talent and the videos you published and the relationships you created online and offline. And THIS IS a work, many hours of work!
I never meant that you made some sort of fraud, I hope you understood. I mean the the «one-click-success» is an illusion. And we all (included me) are in this big illusion.
I had some suspect that a part of Rhumba was mimed, but it really doesn’t matter to me, because is clear that you are not trying to look a better or faster guitarist. Accidents happen. In the post I told that during the recording of my «Hedwig’s Theme» reduction I was interrupted and my wife and my children were wating for me under the rain, I couldn’t take another recording and so I assembled two parts from two different recordings; I’m not proud of it, but I had no choices.
Maybe it can seems that I tought that you wanted to tell a false story about yourslef on your website: it’s not so and I’ll correct the post to make it clear. I only meant that we all are in this great illusion that big tech saved or will save our lives. but WE are working for them (and they give us bread crumbs).
Please, let me know if I wrote something you think can affect your reputation and I’ll correct.
Thank you and good luck!
Max Ostro says
> But I’m sure you didn’t stay in home offline and doing nothing for one year.
Yes, I was doing nothing for more years than one. I’m starting working professionally only now. Staying at home is exactly what I was doing back then especially considering the lockdown
> keep in contact with the organizers of music festivals, take care of the details of the publication of a single or an album, create a press kit professional, send it to websites and traditional media, contact journalists and influencers, manage social channels
Never done that yet. I have been literally filming guitar solos occasionally. Going to start implementing this other stuff
> Please, let me know if I wrote something you think can affect your reputation and I’ll correct it.
No, thanks for the review — nothing wrong. I had to correct and point out just some things to make stuff clear
Luca Ricatti says
Thank you very much, Max!