Dall’intervista di Alessandra Rinaldi
pubblicata su Fatti i fatti tuoi
«Col suo nuovo album, “Fumo al vento”, il musicista folk Luca Ricatti, riscopre le sue radici, raggiungendo una nuova e meritata maturità artistica e personale. Frutto di una lunga lavorazione e interamente autoprodotto, questo disco proviene dalle corde più profonde della personalità del musicista che, è proprio il caso di dirlo, si esprime a pieno attraverso le corde della sua chitarra acustica, filo conduttore dell’opera. Ironico, pungente, evocativo, Luca racconta non solo sentimenti, ma vere e proprie storie, rivisitando ritmi e melodie popolari, descrivendo paesaggi e tradizioni e rievocando epoche passate impossibili da dimenticare. Dal dialetto romanesco, alle ballate medievali, Luca Ricatti è un interprete intenso e talvolta emozionato, che fa della piccola imperfezione vocale una vera e propria cifra stilistica e della critica costruttiva alle autorità del nostro tempo una sottile metafora del suo essere. I suoi, più che testi, sono filastrocche cucite sull’attualità attraverso il linguaggio universale della Storia e della caducità della natura umana. Tuttavia, nonostante fiumi d’asfalto e orizzonti di cemento, non dobbiamo permettere alla ripetitività della vita di città di portarci via la nostra voglia di progettare un futuro migliore, che abbia radici e ali, e, per questo cantautore di grande talento, c’è un unico rimedio: la musica, se non vogliamo che il silenzio ci porti via davvero, come fumo al vento… » Leggi l’intervista
Blogfoolk
Di Daniele Cestellini, pubblicato su /www.blogfoolk.com
«“Fumo al vento” è il titolo del nuovo album di Luca Ricatti, chitarrista, cantante e compositore romano. È composto di tredici tracce, la maggior parte delle quali originali, con alcune concessioni alle espressioni musicali di tradizione orale. A bene vedere, al di là dei brani che Ricatti mutua dal patrimonio musicale popolare (“Buongiorno cavaliere”, “Tutti cianno quarcheccosa”, “I disertori” e “Donna lombarda”), che ci informano in modo diretto sui temi che più lo interessano, il resto dell’album è esplicitamente orientato da un orizzonte sonoro riconducibile al folk, all’acustico. E a un linguaggio popolare. Non nel senso più tradizionale – non c’è il dialetto, ad esempio, e non ci sono strumenti popolari rappresentativi di un’area o un repertorio particolari – ma piuttosto in riferimento all’impianto generale, all’organizzazione del racconto. Alla volontà di rendere coerente una narrazione personale, una riflessione su alcune questioni che seguono alcune delle direttrici più importanti dei canti popolari. Quella ad esempio di connettere l’interpretazione individuale a un sentimento diffuso. Oppure quella di individuare un codice facilmente condivisibile e fruibile, comprensibile. In questo senso l’album di Ricatti è molto esplicativo, nella misura in cui asciuga ogni potenzialità del suono e del panorama sonoro al racconto sostenuto con la chitarra “e poco altro” (come ci dice lui stesso nelle note di copertina). Ne guadagna senz’altro l’andamento generale dell’album, che riesce ad accogliere, senza forzature, i brani originali, scritti in riferimento al tema della morte, della solitudine, del conflitto sociale (in quadro sia storico che contemporaneo). Non si può non riconoscere un debito alla tradizione cantautorale italiana meno formalizzata: sopratutto in brani come “Polvere da sparo”, “Fumo al vento” e “Foglia morta”.»
Chitarra Acustica
Da Chitarra Acustica, Anno V – n°9, settembre 2015
Di Andrea Carpi
«[…] Vi è stata poi la piacevole sorpresa di Luca Ricatti, che ha presentato l’interessante disco autoprodotto Fumo al vento, con un repertorio di canzoni originali e rielaborazioni ispirato alla tradizione popolare italiana, ben accompagnato alla chitarra e con testi intelligenti e ironici. […]»
Da una email personale di Igor Lampis
chitarrista dei Punkillonis
«Ciao Luca ho avuto modo di sentire il disco e di apprezzarlo.
Le canzoni, dal sapore antico con un abito moderno, riescono a creare immagini e scenari e a trascinarti nei posti descritti, dove credo ci sia un uomo che vive in armonia con la natura e la vita e con tutto quello che ne deriva, sofferenza, gioie, soddisfazioni, dolore, morte.
Mi dà la sensazione di un lungo viaggio che parte da molto lontano per arrivare ai giorni nostri dove umili piedi calpestano terra arida e strade polverose, e piccole barche scivolano sul mare vicino alle coste. Cose semplici ma importanti.
Spero che stia andando tutto bene
A presto.»
Blog della Musica
di Silvia, pubblicato su www.blogdellamusica.eu
«E’ uscito in tutti i digital store e in Compact Disc Fumo al Vento il nuovo lavoro del chitarrista e cantante romano Luca Ricatti che dopo aver dedicato gran parte della sua vita alla musica rock, hard, heavy e grunge, ha percorso una strada tortuosa che l’ha condotto al dedicarsi negli ultimi anni esclusivamente alla chitarra acustica fingerstyle e al folk.
Nasce così il suo Fumo al Vento, album composto di 13 brani 9 tracce originali e 4 brani tradizionali, omaggi ad altrettanti artisti folk italiani che li hanno resi celebri, solo chitarra, flauto e voci a cavallo tra folk e canzone d’autore.
Antichi ritmi da ballo popolari incontrano storie di morti ammazzati dal potere, laiche danze macabre tra tradizioni orali e moderne inquietudini, tra voglia di anarchia e di nuovi equilibri con la natura. Tutto raccontato in rima e con molta ironia, il disco è veramente piacevole da ascoltare e Luca Ricatti oltre che un bravo cantautore è anche un ottimo chitarrista.»
LineaTrad
di Loris Bohm,
pubblicato su LineaTrad N° 37 – Luglio 2015.
«Che emozione per me, scoprire un nuovo album prodotto da un musicista autodidatta che abbatte in rapida successione tutti i “luoghi comuni” e i canoni che in decenni di attività mi ero archiviato come dati di fatto!
Sconcertante (almeno qui in Italia) leggere di un musicista che di fatto dovrebbe essere considerato “cantautore”, rifiutare orripilato quel termine, quando tutti gli altri musicisti ne traggono vanto, per autodefinirsi “musicista folk”, un termine tanto rassicurante (per me), quanto rifiutato dalla totalità dei suoi “colleghi”.
Mi piace leggere in questo suo rifiuto anche il rifiuto di cimentarsi in cerca di gloria, come fanno tutti, nei tanti “premi per cantautori” che circolano in Italia.
Incredibile scoprire che ha iniziato suonando tutti i generi più hard per poi convertirsi al folk con estrema soddisfazione.
Già mi sento di condividere in toto questa filosofia insolita e inaspettata, che mi imbatto nel suo ultimo album: imbarazzante constatare che è liberamente scaricabile sul suo sito fino al 24 luglio, compresa la cover… a questo punto mi chiedo “dov’è la fregatura??”; e mi accingo a scaricare con diffidenza.
Man mano che i tredici brani, tutti di ottima qualità audio, si susseguono, devo rendermi conto di trovarmi davanti ad un misconosciuto capolavoro di grazia ed equilibrio.
Sono frastornato: mai in trent’anni di militanza nel folk mi era capitata una situazione del genere. Devo interrompere l’ascolto dopo quattro brani… per riflettere su tutti quei dischi mediocri che ho comprato, di cantautori pompati dalla stampa e dalle lobby, che si autocelebrano in mille situazioni, e mi monta la rabbia dentro.
Avvezzo ad ascoltare da sempre “stravaganze” per
il gusto di essere diversi, “sperimentazioni” per il gusto di non essere banali, “contaminazioni” per il gusto di non essere facilmente etichettabili, resto annichilito riprendendo l’ascolto. Mi sento come uno che, dopo aver ascoltato diverse migliaia di dischi di ogni genere, si rendesse conto che non ha capito nulla… davvero imbarazzante. Forse sto esagerando, ma in questi tredici brani, che ormai ho messo in loop, trovo una sconcertante assimibilità sia nei testi che nelle melodie.
Analizzo: i testi sono graffianti, incisivi, drammatici, recitati con una giocosità che nasconde sadica ironia, mentre la chitarra disegna arabeschi sonori di rara bellezza, assolutamente pertinenti e impastati nel pathos narrativo. Una semplicità solo apparente nell’insieme, che rivela la ricercatezza che solo una mente geniale può esprimere.
Effettivamente la base tradizionale folk è palpabile, vibrante, ma tutt’altro che banale e scontata.
Luca è qualcosa di più di un semplice cantastorie e qualcosa di meglio di un cantautore.
Mi piace poi ricordare i due brani tradizionali mirabilmente interpretati: “I disertori”, versione tutta strumentale, con uso della sola chitarra esalta quello che è stato un pezzo forte eseguito dal gruppo Baraban già nel 1987 “Il valzer dei disertori”, mentre la classicissima “Donna Lombarda” che chiude il disco, di cui ho
ascoltato una infinità di versioni: in questo caso il tuffo nel passato è evidente ma in più la ricercatezza del
coro abbinata al sapore contrastante del suono medievale con l’aggiunta di un nuovo suggestivo refrain.
Ora io mi chiedo: cosa state ancora a leggere?! Andate a scaricare immediatamente questo album finchè è gratis e spargete la voce!! Di colpi di fortuna come questo, per portarsi a casa qualcosa di così bello, non ne capitano quasi mai.»