Siamo in fila sotto il sole. Fa caldo.
Io mi rigiro tra le mani il plettro di metallo. Non avevo mai visto un plettro di metallo.
«Wow – dico – non avevo mai visto un plettro di metallo».
«Te lo regalo». Il tipo in coda davanti a noi forse è rimasto colpito dal fatto che due ragazzini di 17 anni siano arrivati da Roma per fare la fila lì, all’estrema periferia di Milano. E poi gli ho detto che anche io suono la chitarra.
Il mio amico ha pensato ai biglietti, io ho fatto le telefonate per capire come muoversi. Mi hanno assicurato che per il ritorno ci saranno le navette che ci riporteranno alla stazione.
Finalmente entriamo. Attraversiamo tutto il parco acquatico dove è stato organizzato il festival. Troviamo il palco principale, ci sistemiamo abbastanza vicini. Intanto il cielo comincia ad annuvolarsi. La prima cosa bella che vediamo è una band a noi sconosciuta, i Cranes. Il chitarrista armeggia all’infinito con un attrezzo elettronico enorme da cui partono delle specie di basi registrate.
Quando finalmente riescono a suonare sono una rivelazione, scopriamo che ha ancora un senso fare musica gotica, almeno in quegli anni: è il 1995. Vabbè, ora sto divagando. Insomma, succedono altre cose e alla fine arrivano loro.
È uno dei concerti più emozionanti che abbia visto in vita mia. Sono lì in carne e ossa. Quasi non riesco a credere che siano persone vere. Robert Plant e Jimmy Page. Non è come vedere la band al completo, non siamo più negli anni ’70, ma che gli vuoi dire?
Hanno un batterista che salta dietro i piatti come un grillo e sembra avere 6 braccia. In quel periodo fanno Gallows Pole con la ghironda.
Dico: una ghironda! Quando è stata l’ultima volta che avete visto una band di fama mondiale che si porta sul palco un suonatore di ghironda?
E vogliamo parlare della versione acustica di No quarter? Sta piovendo a dirotto, siamo tutti infangati che manco Woodstock. Ma chissenefrega, sono in trance.
Dopo verrà la band principale della serata: i Cure. Non c’è paragone, con tutto il rispetto per Robert Smith e compagni, che in confronto sembrano statue di sale.
Il ritorno è un’odissea.
Non c’è alcuna navetta, orde di ragazzi si riversano sulle strade non sapendo cosa fare.
Ci accodiamo a un gruppetto che viene da non so dove. Passano poche macchine, fa freddo e il centro della città sta chissà dove, molti chilometri più in là. Qualcuno alza un pollice e rimediamo uno strappo.
Saliamo nel retro del furgoncino di un imbianchino, seduti in mezzo ai secchi di vernice. Io sono fradicio dai calzini alle mutande.
Arriviamo alla stazione nel cuore della notte e ci troviamo davanti dei cancelli chiusi. Non avevo mai saputo che una stazione potesse essere chiusa. Ci appoggiamo a dormire in terra, tremando dal freddo.
Arrivo a casa la mattina presto, alla luce del sole vedo che sono marrone di fango dalla punta dei piedi fino alla cinta. È domenica, i miei ancora dormono. Mi infilo nel letto così come sono.
Ora torniamo indietro di un anno. Estate del 1994. Ho 16 anni.
Sto attraversando l’Irlanda con quattro amici.
Viaggiamo su treni e bus, dormiamo negli ostelli. Io sono quello con la chitarra. A quell’epoca so fare poco più che zappare accordi col plettro.
La strada ci ha portati a Cork e ci stiamo facendo un giro notturno della città. In un vicolo incontriamo un capannello di ragazzi. C’è uno che suona la chitarra acustica in fingerpicking e un altro che canta. Ci guardano tutti storto, non sono abituati a vedere turisti. Ma io sono estasiato, per me è la situazione più bella del mondo e quello con la chitarra mi sembra un fenomeno. Stanno suonando Going to California.
Durante quel viaggio costringo uno dei miei compagni a prestarmi la cassetta di Led Zeppelin III. Non gliel’ho mai restituita.
Queste storielle spiegano cosa rappresentavano i Led Zeppelin per me adolescente: libertà, vagabondaggi, condivisione e rock ‘n roll. Per dirlo con una canzone: Ramble on.
Più o meno, le cose stanno ancora così, però col tempo ho cominciato a vedere le cose in modo un po’ diverso.
Forse hai letto il mio articolo su Bert Jansch. Ce ne sono state diverse di accuse di plagio a Page e compagni, alcune decisamente risibili, altre meno. Ma quella di Black mountain side è una storia un po’ triste.
Jimmy Page era un fan di Bert Jansch, eppure si è appropriato del suo arrangiamento di Blackwaterside, ci ha aggiunto un pezzetto e gli ha cambiato titolo.
Penso ancora che i Led Zeppelin siano stati una grande band, ascolto ancora i loro dischi, li amo alla follia e mi emoziono tantissimo. Mediamente, ogni uno o due anni rispolvero tutta la discografia e me ne faccio un’overdose. È grazie a loro che ho fatto il primo ingesso nel mondo del blues, che ho capito quanto la musica folk può essere rock ‘n roll. Nei loro dischi si condensa più o meno tutto quello che secondo me vale la pena nella vita: libertà, poesia, sesso, ironia e antiche leggende, racconti fantastici e natura selvaggia.
Ma sono anche consapevole che sono un mito, in senso letterale: personaggi che hanno assunto un carattere leggendario, fantastico, insomma indipendenti dalla realtà storica. Oh, vale per tutti, dai Ramones ai Pink Floyd passando per i Queen. Erano quattro ragazzi con un sacco di talento, capitati nel posto giusto al momento giusto, ma pur sempre quattro ragazzi. Sono stati trasformati da una combinazione di marketing e ossessione dei fan in qualcosa di diverso da esseri umani qualunque.
Il mondo del rock è una specie di religione pagana.
Avete presente quelle cose tipo I 100 più grandi chitarristi di tutti i tempi secondo Rolling Stones?
Gli adepti di questo culto adorano certe cose. Non li sfiora che tutte queste scemenze sono state inventate apposta per vendere loro roba. Una rivista, un libro o l’ennesima Anniversary Luxury Edition del disco che hanno già comprato 15 volte.
Agli inizi della carriera dei Led Zeppelin, la rivista Rolling Stones fu in prima linea nelle accuse di plagio per il pezzo di Jansch.
Agli inizi i critici odiavano gli Zeppelin.
Oggi quella stessa rivista mette Page al terzo posto della lista di cui sopra, che insomma, è francamente un’esagerazione: ha fatto cose straordinarie, ma dire che sia il terzo più importante della storia è veramente improponibile.
C’entrerà il fatto che Stairway to heaven è in assoluto la canzone più richiesta nelle radio americane? Dicono che sia il brano più redditizio della storia.
La più grande rock band di tutti i tempi è quella che alza più soldi.
È giusto e bello celebrare gli artisti e le loro opere. Specie quando hanno riempito le nostre vite di bellezza e ricordi indelebili, eccitanti, commoventi.
È giusto anche ricordare quando sono stati stronzi.
Fare le classifiche invece è una cosa idiota.
Se poi sono fatte allo scopo di vendere roba agli allocchi, sono inaccettabili.
Conservo ancora quel vecchio plettro di metallo. Conservo tutti i biglietti dei concerti storici che ho visto.
E mi piace ripensare a tutte quelle storie.
Ma bisogna stare attenti a certe celebrazioni, spesso sono solo marketing.
Fine
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il bambinello says
Credo il mensile Rolling stone (soprattutto la fintissima edizione italiana) sia una delle cose meno “rock” su questo pianeta. Una sorta di “Vanity fair” per sedicenti alternativi. Forse quarant’anni fa era diverso, lo spirito era un po’ più genuino. Con gli anni però è diventata solo l’ennesima vetrina laccata, e le vetrine sono per chi ha il denaro per poterci stare. Credo che i Led Zeppelin abbiano scritto canzoni fantastiche, come tanti altri insieme a loro, la differenza è che i Led (sì, vado controcorrente e li abbrevio così) sono stati più furbi a restare sulle radio. Un po’ come la storia di Bill Gates e Windows, no? Perché alla fine la storia che ricorre è questa: non è il più geniale o il più talentuoso a restare negli annali, ma soltanto il più furbo. E il più furbo sa da subito che occorre entrare nel meccanismo consolidato.
Luca Ricatti says
Oh intendiamoci, il talento ci vuole. E loro ne avevano un treno.
Però sì, bisogna sapersi muovere ed essere quel filino spregiudicati.
salvo says
Non per fare polemica gli Zeppelin piacciono tanto pure a me .ma ho sempre creduto che in tema di hard rock ci sono stati un gradino sopra igrandi ac./dc sia come band definitiva dal vivo sia a livello compositivo. Ovviamente sto parlando del periodo 78/79/80 mai nessuno si è avvicinato minimamente alla Potenza e alle precisione dei fratelli Young perciò inchinatevi tutti finche siete in tempo. .!!!. Ciao
Luca Ricatti says
Ciao Salvo,
ti ringrazio per il commento, ma mi dispiace, devo dirti che hai completamente frainteso il senso dell’articolo. Probabilmente non l’hai letto o l’hai letto solo in parte.
Il titolo è provocatorio.
Non credo affatto che i Led Zeppelin siano stati la più grande rock band di tutti i tempi. Semplicemente perché non esiste una cosa come “la più grande rock band di tutti i tempi”. Queste sono sciocchezze utili a provocare i fan come te, ma che non significano niente. Che vuol dire “più grande”?
Più innovativa?
Più preparata tecnicamente?
Più anticonformista?
Che ha scritto le canzoni più belle? E come si misura la bellezza di una canzone? Col televoto da casa?
L’unico parametro che conta è quanti soldi continuano a far fare all’industria discografica.
Zeppelin, AC/DC e tutti gli altri non sono lì perché hanno scritto canzoni bellissime (e ne hanno scritte), ma perché erano e sono ancora oggi (a distanza di decenni) macchine da soldi.
Se ti va di capire cosa intendo, ti invito a leggere il mio articolo su Bert Jansch, di cui questo è una sorta di “seconda parte”.
salvo says
Ho capito perfettamente quello che vuoi dire .e vero non lo posso nascondere sono uno dei fan più sfegatati degli acdc e a volte mi lascio prendere un po la mano x me sono stati e saranno c sempre grandissimi non volevo polemizzare ma sono stanco di vedere stilare delle liste di migliori band senza menzionare gliacdc e puesto a me non piace per niente senza rancore ciao (it’long a way to the top of you Sanna rock ‘n’roll)
Luca Ricatti says
Infatti devi smettere di guardare queste liste demenziali.
PINO says
BUONGIORNO…SONO PINO, DICI BENE LUCA, BISOGNEREBBE NON MITIZZARE NESSUNO, LE SCELTE ,IN OGNI COSA NON SOLO NELLA MUSICA SONO SEMPRE SOGGETTIVE.
IL MONDO DELLA MUSICA ANDREBBE ASSAPORATO IN OGNI SUA PARTE, ED IN OGNI SUA DIREZIONE, AFFINCHE’ OGNUNO POSSA TRARRE CONCLUSIONI PER LE PROPRIE ORECCHIE.
DICO SEMPRE CHE ALL’INTERNO DI QUESTE, APPARENTEMENTE SEMPLICI 7 NOTE “DO RE MI FA SOL LA SI” E’ CONTENUTO IL MONDO DELLA MUSICA CHE CONOSCIAMO E’ CHE ANCORA NON CONOSCIAMO, E CHISSA’ QUANTE SORPRESE ANCORA CI DOBBIAMO ASPETTARE!!!! BUONA MUSICA A TUTTI, QUALSIASI ESSA SIA….
Luca Ricatti says
Verissimo!
Giuseppe Bifera says
Oggi 2019,non ci sono le rock band di ieri . È strano ma vero . I giovani di oggi ascoltano le band rock di altri tempi … e ce ne sono davvero tantissime, è musica stupenda e c’ é l’ imbarazzo della scelta
….. A me i cantanti di oggi sembrano tutti uguali e insignificanti,. Qualcuno a parte si distingue ovviamente …. Ma oggi non c’è l’imbarazzo di scegliere … Anzi tutt’altro … Le musiche con l’effetto sonoro distortp dell’auto – tunes sono brutte,inascoltabili .. e qui in Italia c’è una gioventù distorta auto-tunata,che vive ascoltando questa sottospecie di musica indefinibile … Almeno per me … È ,” musicaccia ” …
max says
I LED ZEPPELIN SONO STATI PRECUSSORI DEL HARD ROCK.e Hanno Aperto le Porte anche agli AC/DC. COME I BEATLES PER IL BEAT e POPRock – Jimi Hendrix Per LA SUA Creativita’ sullo Strumento…E POI TUTTI GLIA ALTRI DAL 66 AL 80,
Anonimo says
Un abbraccio da uno dei tuoi 4 amici in giro per l’Irlanda a 16 anni.
Monk
Luca Ricatti says
Ma che piacere Monk!!!