Qualche giorno fa, in un bar dove ero a prendere un caffè, c’era un televisore che mandava in rotazione video musicali. E proprio in quel momento hanno tirato fuori un videoclip di oltre vent’anni fa. Roba dei tempi miei. Cioè, di quando ero ragazzino io e guardavo i videoclip.
Un videoclip che, in effetti, è entrato nella storia.
Negli ultimi giorni sono venute alla ribalta diverse brutte storie di cronaca con protagoniste donne, spesso ragazze molto giovani, vittime di abusi sessuali. Abusi spesso filmati e diffusi.
Ogni volta che una ripresa di questo genere arriva alla gente, alla massa di persone comuni, scatena attenzioni morbose, commenti deliranti, insulti sessisti.
Con conseguente suicidio della vittima.
L’altro giorno mi sono imbattuto nella vicenda di Carolina Picchio. Per capire cosa fosse successo di preciso ho provato a cercare un articolo in cui si raccontasse la sua storia. La prima ricerca suggerita da Google era: Carolina Picchio Video.
Per chi non lo sapesse, Google mostra questi suggerimenti in base ai volumi di ricerca. Ciò significa che c’è gente, tanta gente, che vuole vedere il video che ha indotto una 14enne al suicidio.
Black hole sun, won’t you come?
Non è che serva un video a sfondo sessuale, per isolare una vittima. Basta che gli aguzzini siano bravi ragazzi figli di gente per bene (tipo del capo di una ‘Ndrina) e si assiste allo squallido spettacolo di un intero paese che si schiera dalla parte di un gruppetto di adulti che ha abusato per 3 anni di una ragazzina. Che chiaramente se l’è andata a cercare.
In Italia non esiste una normativa sull’educazione sessuale nelle scuole. Ma si investono soldi per creare numeri verdi contro la teoria del gender.
Già, perché poi ci sono quelli contro la teoria del gender.
Come se esistesse la teoria del gender.
Black hole sun, won’t you come?
In questi anni ho visto folle oceaniche invadere le piazze per osannare santi della Chiesa Cattolica di cui la Storia racconta cose commendevoli tipo:
– che erano in ottimi rapporti con dittatori sanguinari;
– che facevano soldi a palate sulla pelle di poveri e malati;
– che coprivano i preti pedofili.
E altre simili opere di carità.
Quante delle persone che riempiono quelle piazze sarebbero disposte a inginocchiarsi per lavare i piedi a una prostituta?
E quanti di loro la lapiderebbero (ovviamente dopo esserci stati di notte, di nascosto)?
Black hole sun, won’t you come?
Di fronte a un tale trionfo di perbenismo, davanti a questo circo delle deformità al botulino, sotto queste secchiate di ipocrisia, questi conati di conformismo, mi chiedo: dov’è la musica per questa generazione di ragazzi sani di mente?
La musica per i diversi, quelli non allineati, i trasandati, gli asociali? Quelli che sono intelligenti e per questo non si applicano?
Non dico che non ci sia la musica di protesta, ma direi che il suo impatto sula società è quasi inesistente.
Sembrerà strano, ma delle tante scene di dialogo viste al cinema, una di quelle che più mi è rimasta impressa è tra Michael Moore e Marilyn Manson, in Bowling a Columbine.
L’ho detto che sarebbe sembrato strano.
Riassunto per chi non l’ha visto e per chi non c’era.
Nel 1999, in America, due studenti della Columbine High School, in Colorado, entrarono a scuola armati fino ai denti e ammazzarono 12 persone. Siccome ovviamente qualcuno sollevò il problema che negli USA è troppo facile procurarsi armi da fuoco, i mass media riuscirono a deviare il discorso sul fatto che i due assassini ascoltavano Marilyn Manson. Che poi manco era vero. Però Marilyn Manson divenne il capro espiatorio di quella strage.
Quel breve dialogo mi è rimasto impresso perché Moore, con la sua capacità di andare al sodo dei problemi, mette in mostra in pochi minuti l’ovvietà di tanto rock pesante, incomprensibile alle menti ottuse: una risposta creativa e provocatoria al conformismo imperante, al perbenismo che ammazza, stupra, mette alla gogna gli innocenti e protegge gli aguzzini.
Un dito medio alzato, solo un dito medio alzato.
Musica, solo musica.
C’è chi fa una strage. C’è chi si ammazza. E chi prende una chitarra.
Black hole sun, won’t you come and wash away the rain
Sono convinto che la funzione di tanto rock sia stata questa: unire tra loro i devianti, gli inadattabili, le teste calde e farli sentire meno soli, permettere loro di condividere l’angoscia, il senso di impotenza. E magari anche di trasmettere valori nuovi.
Se eri un adolescente brufoloso, che si impappinava davanti alle ragazze, che faceva pena a scuola e nello sport; se eri uno di quelli che hanno solo amici sfigati, a cui gli altri, quelli belli e bravi sembrano una massa di stronzi; se eri uno così, quando vedevi un video di musica rock, ti scoprivi meno solo.
C’era gente come te che prendeva una chitarra in mano e diventava famosa. E c’erano milioni di persone come te che si riunivano ai concerti, si incontravano nei negozi di dischi.
Potevi convincere i tuoi amici sfigati a rompere il salvadanaio e comprare degli strumenti. O comprarvi il biglietto per il concerto, che ne so, dei Ramones.
E la potenza del messaggio stava proprio nel fatto di essere un fenomeno mainstream. Scandalizzava perché arrivava a tutti.
L’altro giorno ho letto un articolo sul fatto che Unplugged in New York dei Nirvana sia stato l’ultimo grande disco Rock.
Lo condivido. Non in senso letterale, ovvio, nel senso che è stato l’ultimo grande disco di musica Rock che abbia avuto un impatto significativo sulla società, sul suo tempo.
Semplicemente, oggi la musica Rock non scandalizza più nessuno. Non incide in nessun modo sulla società, è un fenomeno di nicchia come tanti altri.
Gli stronzi si sono immunizzati.
Wash away the rain.
Quella funzione catartica del rock sta svaneno assieme al crollo dell’industria discografica.
Non so se i ragazzi di oggi riescono a trovare qualcosa di altrettanto potente.
Il decennio tra la fine degli anni ’80 e la fine dei ’90, secondo me, è stato buio, tragico.
Ma almeno avevamo la musica. Band fatte di pazzi, poeti, freak di tutti i tipi che facevano successo, scandalizzavano la massa appiattita e la costringevano a farsi domande.
Non lo so, magari sono discorsi da vecchi. Ma una generazione di ragazzi che, pur non avendo alcuna prospettiva seria di futuro, sommersi da un mare di nulla catramoso, circondati da adulti succhiasangue e da coetanei disposti a massacrarli per un minuto di visibilità…
Ecco, vorrei dare loro un po’ di quel conforto che davano a noi i milioni di copie vendute da mettallari, punk e spostati vari.
Oggi è diificile da credere, ma quei fascisti corretti al bisturi che governano le nostre vite ne erano profondamente disturbati.
Hang my head, drown my fear
Till you all just disappear.
Black hole sun, won’t you come?
Il Bambinello says
L’anima non è quella cosa eterea e luminosa, bensì quella cosa impaurita, fragile, a volte scura e costantemente in allerta che si trova in ognuno, è quella parte di noi che accusa le storture del mondo ed è in grado di stabilire un contatto vero con il prossimo. In questo senso il rock è la musica dell’anima. Il problema è che sempre meno persone ci tengono ad averla, un’anima.