In questo articolo ti racconto come ho imparato da zero il mestiere di Erborista e il lungo percorso che ho fatto in questo settore.
È una storia interessante per vari motivi.
L’Erboristeria è uno specchio fedele di come il mercato tratta in modo schizofrenico i saperi tradizionali, se ne appropria per attrarre il pubblico e li distorce per adattarli al sistema consumistico.
Ma qui trovi anche il racconto di un’impresa, di uno che ci ha provato.
La morale è sempre la stessa: a crogiolarsi nell’insoddisfazione si finisce per morire insoddisfatti.
A provarci, invece, ci si guadagna sempre, perché se anche ti va male, impari un sacco di cose, fai esperienze, conosci persone.
Vivi un’avventura.
Ti racconto, fra le altre cose:
– quale percorso ho seguito;
– le difficoltà incontrate per aprire un negozio;
– quali titoli occorrono per aprire un’erboristeria;
– le reali possibilità di trovare un impiego;
– quali sono le problematiche principali del settore erboristico;
– i costi di cui tenere conto.
Prima di iniziare
I miei lettori abituali saranno spiazzati da questo: sei un erborista?!
Ebbene sì: mi intendo di erbe officinali, sono capace a miscelare piante per creare tisane efficaci contro raffreddori, mal di stomaco, infiammazioni delle vie urinarie, stitichezza e altri piccoli disturbi.
Conosco piuttosto bene un sacco di erbe, le ho maneggiate per anni e posso dire a una prima occhiata se sono di buona qualità.
Fare l’erborista: che diavolo mi ha detto il cervello
Se ti stai chiedendo perché un musicista/narratore sia esperto di piante medicinali, hai tutte le ragioni.
Il motivo è presto detto: se il mercato musicale e le sue regole ti danno il voltastomaco, per quanto ti piaccia suonare, ti tocca guadagnarti da vivere in altri modi.
Ma guadagnarsi da vivere non è mica una faccenda semplice.
È una lotta continua contro la povertà.
È un continuo cercare impieghi di fortuna, rovistarsi nelle tasche in cerca di una soluzione. La vita in una metropoli come Roma è molto costosa e sbarcare il lunario è una faccenda maledettamente seria.
Così mi sono ritrovato a fare tanti mestieri e ho imparato parecchie cose. Alcune utili solo a portare a casa la pagnotta, altre molto interessanti.
Quello di erborista è il lavoro che ho fatto più a lungo, ci ho studiato parecchio e sono stato allievo di grandi erboristi. Non sono mica un genio, in giro c’è gente molto, molto più forte di me. Però so il fatto mio.
Ecco come è cominciato tutto.
La fuga dal Call center
Tra le cose che avrei preferito non imparare, ci sono dozzine di piani tariffari della Txxxxxx (nome di una nota azienda telefonica).
La mia vita lavorativa scorreva davanti a un PC, con le cuffie in testa: facevo da ufficio reclami, ufficio guasti, ufficio amministrazione, ma soprattutto ufficio commerciale.
Funzionava così: il 99% delle chiamate erano reclami. Io dovevo calmare il cliente, convincerlo che avrei risolto il problema, farlo innamorare dell’azienda e vendergli un prodotto. Il tutto in meno di tre minuti.
Ho resistito quasi 5 anni in quel manicomio.
All’epoca si trovava lavoro solo nei call center. Solo nei call center e nelle agenzie immobiliari.
Almeno nel call center non dovevo mettere la cravatta.
Ci sono davvero poche cose al mondo che odio più della cravatta.
Ma anche senza cravatta restava uno schifo di lavoro.
La mia geniale exit strategy per cambiare vita era questa: imparo un mestiere e mi apro una bottega o uno studio.
Che fesso.
Sì ma il Naturopata no, non mi va
A quel tempo andava di moda la Naturopatia. Non è che avessi molta voglia di fare il naturopata, ma mi iscrissi a una scuola. Mi affascinavano le erbe officinali e volevo imparare.
Mi ero avvicinato al mondo delle medicine non convenzionali per una serie di disturbi che avevo avuto. Avevo praticato un po’ di Yoga e ho frequentato per molti anni le palestre di arti marziali. Insomma, certe cose le sentivo nelle mie corde.
Così provai.
Ma non mi ci trovavo per niente.
Che va bene tutto, ma sono pur sempre un maledetto razionalista.
Una volta ho conosciuto una signora che praticava il seguente tipo di trattamenti: prendeva il piede del suo assistito e gli faceva delle carezze sull’alluce; in questo modo (diceva lei) lo faceva regredire alla fase prenatale o anche alla sua vita precedente.
E giuro, questa non è la cosa più bizzarra che ho visto.
Cominciavo a pensare di fare un corso da falegname.
Ma poi, in quella scuola, ho conosciuto il mio insegnante di Erboristeria. E lui era forte. Erborista figlio d’arte, cresciuto in mezzo alle piante officinali, simpatico, sapeva insegnare e aveva un approccio pragmatico. Mi ha conquistato e ho continuato a seguirlo.
Dopo tre anni ho fatto alcuni mesi di tirocinio nel suo negozio, provando per la prima volta il pacere di mescolare erbe su una bilancia.
Nel frattempo, accumulavo libri, perché…
Un vero erborista deve essere un bibliofilo
Continuavo a studiare per conto mio. Mi ero documentato sulla medicina antica, ma mi interessavano anche gli studi moderni. Cercavo di reinterpretare col senno del presente quello che scrivevano gli studiosi del passato.
In seguito ho partecipato ad altri corsi, stage, convegni.
Una volta mi sono ritrovato a pranzare al tavolo di un famoso erborista, fondatore di ben due importanti aziende del settore. Gli raccontai che da anni cercavo un vecchio testo introvabile: Piante medicinali di Benigni, Capra, Cattorini.
Qualche settimana dopo mi arrivò per posta una copia del libro con la sua dedica scritta a penna.
Come ho aperto un’Erboristeria
Nessuno dei miei familiari veniva dal commercio. Quando decisi di provare questa avventura, mi lanciai in un mondo sconosciuto e per certi versi anche spaventoso: il gruzzolo che avevo messo da parte era davvero modesto, sarebbe bastata una sola mossa falsa per dilapidarlo e compromettere tutto.
Il mostro della povertà era sempre dietro l’angolo ma ero pronto a lanciarmi nella svolta.
Che fesso.
Dovevo scoprire ancora una tragica verità: che nel commercio non ti ci puoi lanciare.
Succede questo.
Ti riempi di coraggio e dai le dimissioni dal posto fisso. Fai un bel respiro, prendi una bella rincorsa e… ALT!
Ti si parano davanti una serie di gabellieri maledetti.
Ognuno di questi ti mostra due palmi delle mani.
Un palmo te lo mette davanti al naso: vuol dire fermati.
L’altro palmo te lo mette sotto al naso: vuol dire prima devi pagare.
Più giù ti parlo delle gabelle maledette.
Ma ora proseguiamo con la storia.
Ho usato il mio gruzzoletto per pagare tutte le gabbelle maledette e sono diventato un commerciante.
Ricordo molto bene la sera che rincasai dopo l’inaugurazione della mia piccola Erboristeria. Crollai sul divano e guardai Batman begins (la storia di come Batman diventa Batman).
Quando apri una nuova attività hai la sensazione di aver fatto qualcosa di eroico.
Ma io non ero mica Batman, non avevo fatto niente di speciale.
Avevo solo scalfito la superficie, ero solo l’inizio.
Avere un negozio su strada
C’era una cosa che non avevo capito, mentre progettavo di fare l’erborista.
Aprire un negozio non è un’impresa, è solo la prima soglia.
La vera impresa viene dopo: è avere un negozio, starci giorno dopo giorno. Osservare, fare tentativi e sbagliare, analizzare gli errori e riprovare.
Fare conti, angosciarsi, sfacchinare, avere pazienza con gente che non la merita.
Lottare ogni giorno col solito demone che ti attende dietro l’angolo: la povertà.
La vera impresa è starci dentro.
Vita di strada
Per molti versi, avere un piccolo negozio su strada è bellissimo.
Conosci un sacco di gente, chiacchieri coi vicini di negozio, vivi il quartiere, anzi contribuisci attivamente a renderlo vivo e, col passare del tempo, diventi un punto di riferimento per la popolazione locale.
La gente si affeziona a te e tu ti affezioni alla gente.
Oh, conosci anche un sacco di rompipalle, sia chiaro, perdigiorno che ti si piazzano in negozio solo per chiacchierare senza spendere un soldo. Parte dell’apprendistato nel commercio consiste nell’imparare a gestire i rompipalle.
E giuro, finisci con l’affezionarti pure ai rompipalle.
Li ammazzeresti, ma poi in fondo gli vuoi bene.
Conti, conti, conti
Avere un’attività commerciale è una cosa da cui non stacchi mai. Tu sei la tua attività. Non puoi dire: ora vado a casa e ci penso domani; perché continuerai a pensarci mentre vai a casa, mentre sei a casa, mentre cerchi di dormire.
Nel mio negozio io ero tutto.
Non facevo mica solo l’erborista. Ero imbianchino, addetto alle pulizie, commesso, grafico, pubblicitario, contabile.
La prima volta che ho visto un registro dei corrispettivi mi sono sentito mancare.
Ma nel giro di poche settimane ero diventato un maniaco dei conti.
Avevo interi quaderni zeppi di numeri, era una specie di mania compulsiva: ogni tanto pensavo a qualche scadenza, prendevo quaderno e calcolatrice e cominciavo a fare somme.
Divenni incredibilmente metodico. Per fare gli ordini della merce seguivo un calendario preciso, per evitare di far accavallare i pagamenti.
Falegnameria
Ero anche un erborista – falegname.
Ho costruito con le mie mani il bancone: era bellissimo. Un bancone a L, con un ripiano fatto di vetro infrangibile, sotto cui c’erano delle scansie dove si infilavano dei piccoli cassetti in cui mettevo le erbe più colorate che avevo. L’effetto per i clienti era meraviglioso.
Poi avevo fatto anche un mobile a cassetti nello stile di quelli delle antiche erboristerie, in cui mettevo le erbe officinali. Il progetto era di costruirne altri e riempire le pareti del negozio di cassetti.
Quel mobile esiste ancora, oggi si trova a casa dei miei.
Il bancone invece è stato distrutto.
La distruzione del bancone è stato il rito funebre alla mia piccola erboristeria.
Una mattina mio padre mi ha raggiunto in negozio e mi ha aiutato a farlo a pezzi.
Per ogni pezzo che distruggevamo gli raccontavo di quando lo avevo realizzato, del tale amico che mi aveva aiutato, del perché avevo fatto l’incastro in quel certo modo.
Erano passati sei anni da quando avevo aperto l’attività.
Sei anni non sono pochi.
Sei anni di attività ti lasciano il segno, ti trasformano.
Il coraggio di dire basta
Perché ho chiuso?
La mia attività è stata in crescita per due anni. E questo mi ha incoraggiato ad andare avanti nonostante gli incassi modesti.
Poi la crescita si è fermata.
Poi è iniziata la discesa. Quaderno e calcolatrice parlavano chiaro.
Ed è nata mia figlia.
Quando ti nasce un figlio preferisci fare a pezzi il frutto di anni di lavoro, piuttosto che passare giornate intere fuori casa per portare avanti un’attività che non frutta.
Arriva il momento in cui decidi di girare l’angolo e affrontare il solito vecchio demone della povertà.
Lo guardi negli occhi e gli dici: bello mio, è una vita che mi stressi, non ti tempo più. Come t’ho gabbato in questi sei anni, continuerò a gabbarti ancora.
E se non ci riuscirò, andrà bene lo stesso.
E poi, da un’esperienza così, non si esce a mani vuote.
Non parlo solo della conoscenza delle erbe officinali.
Fare un’impresa ha questo grande vantaggio: quando finisce, non guardi più il mondo con gli stessi occhi.
A parte che poi c’è l’affetto e la stima dei clienti: alcuni mi hanno lasciato meravigliosi messaggi di addio.
Cazzo, una roba commovente che non ti aspetti.
Ok, ora passiamo ai dettagli.
Se stai pensando di aprire una attività commerciale, quello che segue può esserti molto utile.
L’importanza del pezzo di carta
Diventare erborista in Italia è un delirio.
Se per caso hai in mente di percorrere questa strada, sappi che è un percorso di lacrime e sangue.
Un tempo, in Italia, ad aprire le erboristerie erano appassionati di erbe officinali che provenivano dalle esperienze più disparate. C’era il farmacista che non voleva fare il farmacista e la signora emigrata dalla campagna che aveva imparato a fare infusi e decotti dalla nonna o da qualche altra erbana del suo paese.
Le erboristerie erano poche e vendevano solo erbe.
Parliamo di un’epoca in cui la cultura erboristica era scarsa, i libri pochi e perlopiù introvabili.
La maggior parte di quelli che lavoravano nel settore aveva letto Messegué, nel migliore dei casi Jean Valnet, autori che hanno fatto la storia ma, a leggerli oggi, appaiono decisamente insufficienti.
Poi, in alcune Università italiane, vennero istituiti dei corsi di Diploma in erboristeria. Duravano circa un mese e dovevano dare una abilitazione alla professione.
Gran parte delle persone che oggi gestiscono un’erboristeria si è formata così.
Dopodiché, si è deciso che gli erboristi dovevano avere una formazione più approfondita.
Largo agli esperti! Ma di cosa?
Sono stati chiusi i corsi di Diploma e sono nate la Lauree triennali.
Perché gli erboristi devono essere seri professionisti con una formazione accademica.
Ora, io non so se nel frattempo le cose siano migliorate (ho chiuso la mia attività nel 2013), ma incontrai diversi ragazzi che si erano laureati o si stavano laureando nel corso aperto dall’Università La Sapienza di Roma.
Tutti mi dissero che non avevano idea di come miscelare un tisana. Di più: non conoscevano le proprietà delle erbe.
La verità è che questi ragazzi venivano preparati per entrare nel mondo della produzione industriale di integratori e cosmetici. Nessuno spiegava loro niente riguardo l’erboristeria tradizionale. Il risultato è che si facevano tre anni di Università e poi andavano a fare un corso in una scuola privata, per imparare qualcosa sulle erbe, magari per altri tre anni.
Ma se mi laureo, poi trovo lavoro?
Anche qui, non so quanto siano migliorate le cose.
Una volta che diventi un erborista laureato, non crederai mica di trovare lavoro in un’erboristeria?
Le maggior parte delle erboristerie sono piccoli negozi che hanno al massimo un dipendente. Piccole attività che lottano per pagare tutte le scadenze: immagina che concorrenza per trovare lavoro nelle pochissime erboristerie di successo.
In un’azienda produttrice di integratori e/o cosmetici?
Possibile, ma rifletti su questo: ce n’è una nella tua città che cerca personale? Se no, sei disposto a trasferirti?
In una Farmacia?
Con tutti quelli che hanno una laurea magistrale in Farmacia e che cercano lavoro?
Se cerchi lavoro come erborista, la cosa più probabile è che ti ritrovi a fare il rappresentante di commercio per qualche ditta del settore.
Dice allora mi apro un negozio.
Complimenti per il coraggio, sarà durissima.
Ma come si apre un negozio?
Prima di tutto, dovresti farti un’idea almeno vaga di quanto ti costeranno le gabelle maledette.
Gabelle maledette
Per esempio, hai pensato che devi acquistare un registratore di cassa?
Il più semplice costa molte centinaia di euro.
E lo sai che ha una scadenza?
Già, dopo alcune migliaia di chiusure giornaliere (qualche anno), devi cambiarlo per legge, anche se ancora perfettamente funzionante.
Ma c’è molto altro.
– Se non sei laureato, per poter vendere alimenti o integratori alimentari devi fare un corso di abilitazione molto costoso (questi corsi, di solito, sono organizzati da Confcommercio e Confesercenti).
– Devi pagare uno studio di architetti che presenti una richiesta per mettere l’insegna. E ti costerà un occhio.
– L’insegna ti conviene fartela da solo (come ho fatto io), altrimenti ti costerà l’altro occhio.
– Una volta che l’architetto ha consegnato la pratica in Comune, ti può capitare di dover oliare qualche funzionario che la sblocchi; io non ho oliato nessuno (anche perché avevo finito i soldi): ho aspettato nove mesi per poter installare la mia insegna. Hai letto bene: nove mesi.
Ho perso il conto di quante volte sono andato a imprecare al Municipio.
– Poi ci sono Il condominio, il bollino sulla bilancia, l’iscrizione alla Camera di Commercio, la ditta che porta gli estintori, la tassa da pagare perché il faretto che illumina l’ingresso sporge 20 centimetri sulla strada, la verifica annuale del registratore di cassa…
– Non devo ricordarti l’INPS, le tasse e un commercialista che ti aiuti a districarti nel pandemonio della burocrazia, spero.
– Ma soprattutto tieni presente la gabella maledetta che ti strozzerà più di ogni altra cosa: l’affitto del locale, la vera mannaia che taglia le gambe alla maggior parte delle piccole attività che falliscono.
Chiunque può fare l’erborista. Anzi no. Anzi sì
Non so se le cose sono cambiate, ai miei tempi funzionava così.
– Chiunque può aprire un’Erboristeria e mettersi a fare l’erborista (a patto di fare il corso di abilitazione alla vendita di prodotti alimentari di cui ti ho detto sopra).
– Chiunque può vendere erbe officinali o estratti (purché non siano registrati come farmaci).
– Solo i laureati (e chi ha il vecchio Diploma) possono miscelare le piante per fare tisane, a patto che – Nota Bene – all’interno dell’Erboristeria vi sia un apposito spazio laboratorio.
Quante erboristerie che preparano tisane hanno davvero un laboratorio per la miscelazione delle piante?
(Ma d’altra parte, obiettivamente, a che cavolo serve?)
Tutti odiano l’erboristeria tradizionale
Il mercato sta uccidendo l’erboristeria tradizionale.
C’è stata una fase bi boom delle erboristerie tra la fine degli anni ’90 e i primi anni 2000, dovuta soprattutto al successo di alcune ditte di cosiddetta cosmetica naturale.
Questo ha avuto due conseguenze:
1 – La nascita di una grande quantità di nuovi negozi, gestiti da personale totalmente incompetente.
2 – Un interesse spasmodico del capitale industriale per il settore erboristico.
Entrambe queste condizioni tendono a ridurre l’utilizzo delle erbe sfuse a vantaggio di prodotti confezionati, soprattutto in capsule, perché:
1 – Le capsule sono facili da vendere.
2 – Permettono un guadagno molto più grande al produttore.
D’altra parte le erbe officinali hanno un grosso svantaggio: bisogna convincere il cliente a prepararsi la tisana in casa.
Ma le capsule sono davvero prodotti erboristici?.
Le capsule possono essere ottimi integratori e possono essere anche molto efficaci nel curare i piccoli disturbi quotidiani.
Ma cosa c’è di erboristico in un prodotto così concentrato?
Dov’è finita la pianta officinale di partenza?
Questi prodotti sono più simili a vere e proprie medicine che non a prodotti erboristici.
Eppure estratti secchi ultra concentrati si possono acquistare ovunque.
L’imperativo dominante è diventato: concentrare, concentrare, concentrare, nella speranza di avere effetti potenti, immediati e misurabili. Ma ha davvero senso spararsi un capsulone di estratto secco di salice super concentrato e titolato, invece di un’aspirina?
Certo che è più potente (in quanto più concentrato) di un decotto di corteccia, ma se il decotto non è abbastanza efficace, vale davvero la pena di ricorrere alla capsula in nome dell’astratto concetto di «naturale»?
Che vuol dire «naturale»?
Se naturale vuol dire «semplice» o «poco trasformato» e quindi anche «economico» e «poco o per nulla inquinante», allora solo infusi e decotti sono «naturali».
Infusi e decotti non risolvono tutto e per molti disturbi oggi non hanno più senso, perché sono stati superati in efficacia dai farmaci moderni. Se hai un’infezione ti devi prendere l’antibiotico, punto. Se hai un tumore devi andare da un oncologo. Se non riesci a dormire per il mal di denti prenditi l’antinfiammatorio come ti ha consigliato il dentista, nessuno ti darà mai un premio per la tua resistenza al dolore!
Per fortuna abbiamo smesso di attaccarci le sanguisughe per curare malanni che i medici non capiscono (anche se c’è qualcuno che pensa che sarebbe un bene).
Però, su alcuni piccoli disturbi (per esempio, diversi problemi gastrointestinali, delle vie urinarie, della pelle) la vecchia erboristeria delle erbe funziona ancora bene, costa poco e fornisce rimedi casalinghi senza passare per processi industriali che hanno un solo scopo: farci cacciare più soldi.
L’erboristeria tradizionale è un bene da difendere
L’Erboristeria tradizionale dovrebbe essere considerata come un utile arsenale di antiche conoscenze efficaci.
Efficaci non lo dico io, lo dice la ricerca scientifica. Si dovrebbe favorirne la diffusione e istruire i medici con appositi esami.
Tutti dovrebbero imparare a conoscere le erbe o, quantomeno, dovrebbero avere in casa qualche libro sulle erbe.
Non è che dobbiamo essere tutti esperti, per questo i medici dovrebbero essere un punto di riferimento anche in questo, togliendo le erbe officinali dal mondo delle pseudoscienze in cui sono immeritatamente andate a finire.
PS: Sono stato costretto a bloccare i commenti a questo post.
Non sono un consulente del lavoro, né un commercialista, non giro per le università italiane a controllare come sono i corsi e non so come sarà la vostra vita se aprirete un’erboristeria.
E certamente non faccio consulenze erboristiche online.
Questo che ho scritto è solo il racconto della mia esperienza, che è il solo aiuto che posso dare sull’argomento.
Se ti è piaciuto questo racconto, trovi altra roba qui, ma ti avverto, si parla quasi solo di musica: Racconti autobiografici
Per vedere tutti i racconti che ho pubblicato fino a oggi, vai qui: Racconti.
Lou says
Quanta verità in questo tuo articolo, l’ho letto tutto d’un fiato. Ho studiato Tecniche Erboristiche e sono pure un ragioniere….potrei aprire un negozio domani (finanze permettendo), ma anche No!!! Non ci pensò proprio, non ho ricevuto una preparazione adeguata ma mi è stata imbottita la testa di tanta chimica, chimica, chimica…
Luca Ricatti says
Ciao Lou,
capisco come ti senti, come ho scritto sopra, ho incontrato altre persone che mi hanno riferito quello che dici tu.
Mi sento di consigliarti comunque di non sottovalutare le competenze che hai acquisito. Certo, se vuoi proseguire in questo mondo hai bisogno di conoscere l’Erboristeria tradizionale; ma di scuole e bravi maestri per fortuna ce ne sono.
Ti mando un grandissimo in bocca al lupo.
Nicola says
Sono un giovane studente di Scienze Farmaceutiche Applicate, l’erboristeria e le scienze tradizionali in generale mi hanno sempre affascinato e in questi giorni affiora in me l’idea di aprire un’erboristeria, ma leggere certe cose mi spaventa non poco. Mi auguro che le cose cambino presto…
Grazie per l’articolo e l’opuscolo.
Luca Ricatti says
Ciao Nicola,
ti auguro di realizzare i tuoi progetti, l’importante è che tu abbia un’idea dei limiti e delle difficoltà, per poterli affrontare preparato!
Spero anche io che le cose cambino, per il bene dell’Erboristeria tradizionale!
Nicola says
Che schifo fare sogni e progetti, neppure un giorno e sono stato smontato, grazie Italia per questa tua ennesima dimostrazione di inettitudine di fronte ai problemi della tua gente. Io dico sempre di voler restare qui, citando Bennato che in fondo in fondo posso sempre “tirare a campare”, ma ogni giorno che passa aumenta il rimpianto di non aver imparato a dovere una seconda lingua per poter scappare da questo limbo.
Silvia says
Allora farò la voce fuori dal coro, perché dove ho studiato io abbiamo parlato tanto e sempre di piante, delle loro proprietà, di come miscelarle, combinarle, essiccarle, prepararle e infine venderle.
Il problema non è la laurea, il problema sono tutti quelli che se ne infischiano che questa laurea esista, che c’è chi ci investe soldi, tempo, lacrime e stress per poi trovarsi a competere con la casalinga di Voghera appassionata di erbette che mette su un negozio vendendo di straforo tisane miscelate.
Ora tempo e sforzi bisognerebbe investirli a far rispettare la legge, migliorare i corsi di studio dove necessario e garantire a noi erboristi una chiara posizione, un ordine, qualcosa che contenga professionisti riconoscibili, non pensando alle alternative al corso di studi per usare meno tempo e far prima.
E questo non è un post di rabbia, è uno sfogo di una piccola aspirante erborista che si vede ogni giorno un pezzetto dei propri sogni strappato via.
Nicola says
Ti riferivi a questo?
http://www.unerbe.it/erboristi-governo-cancella-figura-professionale.-unerbe-provvedimento-assurdo.-così-danni-per-imprese%2C-lavoratori-e-persino-studenti-iscritti-a-scienze-e-tecniche-erboristiche-titolo-non-servirebbe-più.html
Luca Ricatti says
Ciao Nicola, mi sono permesso di sostituire il tuo link mettendo direttamente quello al comunicato ufficiale di Unerbe presente sul loro sito.
Luca Ricatti says
Ciao Silvia,
vorrei sia chiaro che l’argomento del mio articolo non sono le lauree, ma la mia esperienza imprenditoriale in questo settore. E il modo in cui l’Erboristeria tradizionale sta subendo i colpi mortali di un mercato sclerotico. Non ho nulla contro i corsi di laurea, mi sono limitato a riferire cose dette da studenti di quei corsi (e confermato in alcuni commenti qui sopra).
Sono felice che tu abbia trovato un corso di laurea fatto bene e con insegnanti appassionati e preparati. Spero che ce ne siano altri in altre città e che diventino sempre di più. Ma come hai intuito, ci sono casi in cui gli studenti non sono affatto entusiasti. Il che dimostra che c’è un problema.
Non aprirò mai più un’Erboristeria e la faccenda sinceramente mi tocca poco.
Spero con tutto il cuore che l’Erboristeria tradizionale continui a vivere e a tramandarsi grazie a persone competenti e appassionate come te.
Ma non sono del tutto sicuro che una regolamentazione sempre più restrittiva sia la soluzione al problema.
In ogni settore del mercato ci deve essere proporzione tra domanda e offerta.
In Italia, attualmente, la domanda di erbe officinali da parte dei consumatori finali è scarsissima.
Hai idea di quante tisane devi vendere ogni giorno per pagare affitto, tasse, Inps, bollette, etc.?
Tante, tantissime.
E sai quante persone entrano in un negozio per chiedere tisane, mediamente?
Poche, pochissime.
La mia opinione è che questa situazione si stata generata dalle strategie degli attori più forti del mercato: i grandi produttori di integratori. Ma non voglio farla lunga.
Quello che voglio dire è che secondo me il tuo nemico non è la casalinga di Voghera o di Roma o di Martina Franca. Perché dovendo scegliere se comprare erbe da te o da lei, i clienti ci mettono un secondo a capire che tu sei competente e lei no. Forse andranno da lei a comprare la cremetta per il viso, ma per un consiglio professionale verranno da te. E te lo dico per esperienza diretta.
Il tuo vero nemico è chi ha diffuso l’idea che per curarsi con le erbe basta comprare un barattolino di capsule alla Coop.
Contro una persona incompetente e improvvisata che apre una bottega accanto alla tua, vinci tu, stanne certa.
Perché tu ne capisci e lei no e si vede da un chilometro.
Contro un supermercato di 60.000 mq che vende capsule e tisane pronte in bustina, non hai alcuna speranza, puoi studiare quanto ti pare e avere dieci lauree.
Questo è il problema dell’Erboristeria. E se non si mette a fuoco questo, vuol dire che si sta guardando il dito invece della luna.
Lucia says
Ciao mi piacerebbe molto aprire un erboristeria perché sono appassionata di cosmetici naturali ma sembrerebbe che ci sia un grande rischio di fallimento. Il bar ti sembra un attività più sicura dell’erboristeria? Saluti Lucia
Luca Ricatti says
Ciao Lucia,
L’Erboristeria è- o bovrebbe essere- un posto dove si vendono ERBE, non cosmetici. Io la vedo così.
Del bar non ti so dire, non sono un consulente commerciale.
Se vuoi aprire un’impresa fallo, incoraggio tutti a farlo, ma devi avere le idee chiare su due cose molto importanti:
1 – Chi sei
2 – Come vorresti trascorrere il resto della tua vita.
Un grande in bocca al lupo.
Stefano Zoccolari says
Ho letto con vero entusiasmo questo suo articolo che mi riapparso quasi per caso mentre stavo cercando contatti di Erboristerie famose in Veneto , essendo mia intenzione proporre a qualcuna di loro di un vecchio libro specifico “ERBARIO NUOVO di Castore Durante” testo raro 1964 (non e’ una copia anastatica) avuto in eredità da mio nonno qualche anno fa’..
Si dice che tutto fa’ esperienza per le menti aperte !
Bene se puo’I essere interessato a sapere di piu’…. o mi potesse dare delle dritte a chi proporne l’acquisto… gliene sarei grato.
Cmq mi complimento per il successo e l’entusiasmo con cui ha voluto palesare la sua esperienza di vita e di lavoro in internet !
Stefano di Venezia
Luca Ricatti says
Ciao Stefano,
scusa se rispondo solo ora. Conosco molto bene quel testo meraviglioso, l’ho studiato, ne ho avuta una copia originale per le mani (prestata) e ho potuto farne una copia. Ha sicuramente un valore, ma non sono un antiquario di libri.
Il mio consiglio è di rivolgerti a un professionista del settore librario.
Mariangela says
Salve a tutti,
a me i settori dell’erboristeria tradizionale e quello dell’etnobotanica mi interessano tantissimo.
Sapete consigliarmi una buona scuola in cui far un corso, dei testi interessanti da leggere o una sede universitaria che abbia questa impostazione.
Penso che le piante vanno rispettate e studiate perché hanno tantissimo da insegnarci. Ovviamente a me piace tanto anche coltivarle.
Grazie