Questa è la mia versione per chitarra fingerstyle di Je So’ Pazzo di Pino Daniele, diciamo fatta in stile delta blues ma un po’ modernizzato.
Per registrare il Video mi sono arrampicato su un monte in una giornata di nuvole nere, umida e molto ventosa.
Per i Finanziatori sono disponibili il Video Tutorial e lo Spartito con la Tablatura in formato Pdf Stampabile.
Ma ho fatto anche una versione «da Spiaggia» (cioè da suonare col plettro, più facile), col Video Tutorial completo e il Pdf Stampabile con le sigle degli accordi
Sta tutto qui ☞Je So’ Pazzo – Tutorial e Pdf.
Je So’ Pazzo viene dal secondo album di studio di Pino Daniele, del 1979.
Un album bellissimo, pieno di canzoni stupefacenti.
Pazzia nelle canzoni
È un argomento di cui le canzoni parlano molto più spesso di quanto si potrebbe sospettare.
In Je So’ Pazzo, Pino Daniele si immedesima in una reincarnazione del rivoluzionario Masaniello, inneggia alla necessità di farsi pazzi per guadagnare la libertà.
Masaniello fu un carismatico pescivendolo di Napoli che nel 1647 guidò una rivolta contro il governo spagnolo. Riuscì a farsi nominare Capitano Generale del Fedelissimo Popolo Napoletano, ma finì assassinato dai sicari mandati dal viceré dopo appena dieci giorni.
Il mito di un pazzo
Durante una puntata della trasmissione Superquark, il divulgatore storico Professor Alessandro Barbero lo ha definito come una una sorta di piccolo boss della camorra ante litteram.
Un’analisi un po’ meno sensazionalistica e più approfondita si trova ☞invece qui.
Di certo sappiamo che Masaniello era dedito a qualche attività illecita (come era normale per una plebe tartassata dalle gabelle) tra cui il contrabbando. Ed è anche certo che il potere a un certo punto gli diede letteralmente alla testa, inducendolo a comportamenti bizzarri e irragionevoli.
Al di là della ricerca storica, nell’immaginario collettivo Masaniello identifica da sempre il folle sognatore che combatte l’ordine costituito e paga con la vita. Già per i suoi contemporanei di tutta Europa era un personaggio iconico e fu celebrato come grande rivoluzionario. Nell’800 gli storici italiani ne fecero (sbagliando) un simbolo della lotta indipendentista (invece Masaniello e suoi non ce l’avevano affatto con gli spagnoli, ma solo con chi li massacrava di tasse).
Ve jate tutte quante a cuccà
Che fosse pazzo o no, nel suo ultimo discorso, tenuto dopo aver interrotto una messa celebrata dall’arcivescovo in presenza del viceré e di tutti i notabili di Napoli, prima di spogliarsi nudo, Masaniello disse delle cose solo apparentemente deliranti, ma invece cariche di significato:
«Io ve vulevo sulamente bbene e forze sarrà chesta ‘a pazzaria ca tengo ‘ncapa. Vuie primme eravate munnezza e mò site libbere. Io v’aggio fatto libbere! Ma quanto pò dura’ ‘sta libbertà? Nu juorno?! Duie juorne?! E già pecchè pò ve vene ‘o suonno e ve jate tutte quante a cuccà»
È un’immagine molto potente, questa dell’andare «a cuccà» («a dormire»).
A volte chi è pazzo ha proprio questa sensazione: che gli altri (i normali) siano come addormentati e vorrebbe svegliarli. Ma sa che la loro veglia durerebbe poco, il sonno tornerebbe presto.
Masaniello accetta questa verità ineluttabile e conclude:
«Nun voglio niente. Annudo so’ nato e annudo voglio murì. Guardate!»
E poi si spoglia completamente lì, in chiesa, davanti a tutti.
È la definitiva accettazione del proprio destino di pazzia.
Il Matto dei Tarocchi è rappresentato quasi sempre con le brache calate e un animale (di solito un gatto) che gli morde il culo.
Perché non si può essere pazzi e nasconderlo, è necessario accettare che gli altri sappiano chi sei, accettare di essere nudi davanti a tutti (metaforicamente, almeno di solito).
Pazzia nei racconti
A questa idea della pazzia come stigmatizzazione, ho dedicato la serie di racconti che ho chiamato Storie Vere (fa eccezione quello dedicato a Matteo Toffanin, che era solo un ragazzo capitato nel posto sbagliato al momento sbagliato).
L’idea era proprio questa: raccontare vicende di persone che per i loro contemporanei erano «pazze» o comunque meritevoli di stigmatizzazione. Essendo ambientate in un tempo passato, queste storie possono essere lette col senno del poi e oggi mostrano chiaramente che i protagonisti erano dalla parte della ragione. E che semmai pazzi erano gli altri, i «normali».
Mariasilvia Spolato fu cacciata dalla scuola dove insegnava e finì a vivere in strada per aver osato manifestare per i diritti delle e degli omosessuali.
Elena Di Porto, una proto femminista che vestiva in pantaloni e amava la box, fu l’unica ebrea del ghetto di Roma ad aver capito che ci sarebbe stato un rastrellamento nazista, ma per tutti era Elenuccia la Matta.
Paolo Coppini aveva sempre la risata assicurata da parte degli spettatori, quando dal palco diceva che il più grande trauma della sua vita era stato scoprire che per campare bisogna lavorare. Pensavano sempre tutti che scherzasse e che fosse solo una battuta.
Oggi i canali YouTube che raccontano di persone che hanno mollato il lavoro per godersi la libertà fanno milioni di visualizzazioni.
Oggi la battuta di Paolo farebbe ancora sorridere, ma probabilmente buona parte del pubblico annuirebbe.
Avere ragione prima che gli altri lo capiscano può essere molto disagevole.
Però la pazzia è una vocazione e se ce l’avete dovete seguirla.
Anonimo says
Bravo Luca! anche questa volta hai fatto centro con questa interpretazione veramente azzeccata di una delle mie canzoni preferite di Pino Daniele
Molto bello il video autunnale e interessantissimo il commento in cui parli di Masaniello e di tante altre curiosità
Alla prossima
Luca Ricatti says
Grazie!❤️