Quella che vedete qui è la copertina dell’album di Marco Baxa, Rivedere le stelle. Che ci fa nel mio blog?
Una delle cose che ho capito durante questo anno dall’uscita del mio album Fumo al vento è che le recensioni non servono a niente. Forse (e dico forse) servono a fare un po’ di curriculum, ma di sicuro non ti fanno vendere neanche un disco. Le recensioni non interessano ai potenziali ascoltatori e, quel che è peggio, spesso non interessano neanche a chi le scrive, che si limita a scopiazzare la cartella stampa senza farsi troppe domande. Non sempre, ma spesso è così.
Ho scoperto però anche un’altra cosa: esistono persone che, spontaneamente, ascoltano il tuo album e ti scrivono delle cose, cose intelligenti e motivate. Alcune le conservo gelosamente nella mia casella email. Queste scritture private o semi-private non ti fanno vendere dischi, è vero, però ti dimostrano che ci sono ancora persone che ascoltano con attenzione e senso critico. E spesso ti danno nuovi punti di vista sulle cose che fai.
L’ultima di queste non-recensioni è arrivata inaspettata sul profilo Facebook di Marco Baxa. Ci siamo conosciuti sabato 16 luglio all’ Open Mic di Ferentino Acustica e ci siamo scambiati il CD.
Rivedere le stelle di Marco Baxa è un bel disco di canzoni con testi curati, arrangiamenti interessanti e suonati molto bene (interamente in acustico, che è un valore aggiunto). I musicisti che lo accompagnano creano un insieme solido e affiatato (anche dal vivo) e c’è un interessantissimo uso dei cori, che tessono splendidi tappeti sonori ben più suggestivi di un banale sintetizzatore.
Insomma, Marco Baxa propone un pop d’autore a tinte jazz, che per qualità sta varie spanne sopra la roba che passa in heavy rotation nelle radio commerciali.
Ecco invece cosa ha scritto lui di Fumo al vento.
«Cosa hanno in comune Antonio Gramsci, Pippo Baudo e Luca Ricatti?
Il concetto di nazionalpopolare.
Ovviamente per Luca non vale la definizione del Pippo nazionale. Le sue canzoni hanno dentro lo spirito del popolo, profumano di periferia, di discussioni nate in taverna davanti ai dadi e alle carte e regolate con i coltelli in un vicolo.
Profumano del De André degli esordi, quello che si faceva ispirare da Brel e da Brassens.
Eppure Luca sa essere ancora più popolare e libertario perché rappresenta quel cuore antico della gente che in fondo rimane convinta che “una risata seppellirà” il potere. E che la morte se presa, rispettosamente, in giro magari fa loro visita il più tardi possibile.
Da aggiungere una cosa importante, oltre a scrivere e a cantare Luca suona davvero bene la chitarra, che seppur sembri strano a chi non frequenta il nostro “mondo”, è una cosa davvero rara.
Originale e davvero bravo.
Consigliatissimo.»