A questo punto del Racconto, dobbiamo fare un salto.
Il motivo è che da qui in poi accadono alcune cose che, ahinoi, rimangono piuttosto oscure e ci è impossibile proseguire la narrazione in modo lineare, come abbiamo cercato di fare finora.
E la maniera forse più onesta di andare avanti è raccontare come siamo venuti a conoscenza dei fatti.
Tutto è cominciato in un fine settimana di aprile, nel quale io e la mia famiglia siamo stati in gita al Parco Naturale della Foresta d’Oro, qui vicino Roma.
Il Centro Informazioni del Parco si trova in mezzo alla Valle, seguendo l’unica strada che la attraversa. Sta all’interno di una vecchia casetta di pietra.
Sull’architrave della porta d’ingresso c’è una scritta enigmatica:
«Rubata dai nemici, Divorata dal fuoco, Ricostruita dagli amici»
Ci arrivammo la mattina di sabato e c’erano due uomini dietro il bancone di legno. Chiedemmo una carta dei sentieri del Parco e uno dei due ci rispose che dovevamo attendere qualche minuto, che bisognava prenderne uno scatolone nuovo in magazzino.
Mentre aspettavamo, l’occhio mi cadde sullo scaffale che esponeva i libri sulla flora e la fauna del posto. Ne comprai uno e poi guardai se ce n’era qualcun altro che parlasse della leggenda dei campi d’oro, che mi aveva sempre incuriosito molto. Non trovandolo, chiesi all’uomo dietro il bancone, che mi guardò con aria un po’ stupita:
«Dice la leggenda che un tempo tutta la valle era ricoperta da magiche piante fatte di oro». Lo disse col tono con cui si ripete una lezioncina.
Indagare
Nel frattempo era arrivato l’altro tipo, con lo scatolone delle mappe del Parco. Aveva la faccia scura, folti capelli neri e barba ancora più nera e fitta.
Il suo collega disse:
«Il Signore, qui, cercava un libro sulla leggenda dei campi d’oro».
Il tipo con la faccia scura mi piantò addosso uno sguardo severo e indagatore. Poi si girò, sbattendo lo scatolone sul banco e mormorando:
«Queste cose non ci sono nei libri».
«E allora dove sono?», chiesi.
«Sono solo storie», tagliò corto con un’occhiata in tralice. Intanto con un coltellino tranciava il nastro da pacchi che chiudeva lo scatolone.
«Va bene, mi piacciono le storie», insistetti.
Mi ignorò e si mise con calma a sistemare le carte del Parco su un piccolo espositore di cartone. Ma siccome continuavo a fissarlo, alla fine sbuffò sonoramente:
«C’è una persona che ne sa più di tutti, ma di solito non ha voglia di parlarne. È la Signora Adele».
«Quella del Ristorante?», gli chiese il collega.
«E certo. Se magna bene e se spende poco, andateci a pranzo», mi disse porgendomi la Carta dei Sentieri. «Sono cinque euro». [Read more…]