Lo scannarono col coltello.
In tre lo reggevano, uno gli tagliava la gola. L’ultimo guardava e pregava.
Il sangue iniziò a fare lunghi schizzi a intervalli regolari, innaffiando il tappeto di foglie morte che ricopriva il bosco.
L’aria era umida e gelida. Da qualche parte, al di sopra dei rami spogli, c’era un cielo plumbeo.
«De profundis clamavi a tte Domine
Domine ecche saudi voce mea
fian taure tu ante dente
in voce deprecazzioni mea
s’inquitàte asservàveri Domine… »
«Aho! E piàntela co sta lagna!», gridò uno di quelli che reggevano il moribondo, che ancora si dimenava come una furia. «’Nvece da dacce na mano, sta a ffà er prete, li mortacci tua!»
«Ma poi andó cazzo l’hai imparato er latino?», disse quello col coltello, pulendo la lama sui pantaloni della vittima.
Ernestino, quello che aveva pregato, sputò a terra.
«Nullo so er latino. Nun so manco che vor dì. Lo recita er prete in onore de li morti».
La vittima stava smettendo di sussultare. Ernestino si chiedeva cosa stesse cercando, con gli occhi spalancati sui rami spogli della foresta.
Gli sembrò che stesse biascicando qualcosa: «Mamma».
Una chiazza gli si era diffusa sui pantaloni, morendo si era pisciato addosso. [Read more…]